“Con fare lascivo ha accarezzato la coscia sinistra sino a scendere all’altezza del polpaccio” e “prima aveva ripetuto lo stesso gesto accarezzando la mia faccia”. “Mi chiede di mostrargli il seno e senza darmi il tempo di riflettere ha afferrato con forza entrambi i seni con le mani stringendoli dolorosamente”. Sono solo alcuni degli agghiaccianti racconti raccolti dalla procura di Bari che ha chiesto e ottenuto l’arresto, ai domiciliari, del ginecologo Giovanni Miniello, accusato di violenza sessuale. Un sistema “aberrante”, secondo il gip Angelo Salerno, un modus operandi che si ripete in quasi tutti i casi e nei quali il professionista, ritenuto un luminare della materia, avrebbe approfittato della fiducia che caratterizza il rapporto medico-paziente e della posizione di vulnerabilità delle donne, per soddisfare i suoi “biechi appetiti sessuali”.

Visite senologiche non richieste, domande particolarmente pruriginose sulla vita sessuale delle pazienti e dubbi sui test medici già effettuati dalle donne. Pratiche che sarebbero andate avanti per anni, visto che la prima denuncia è arrivata nel 2019. A una donna, che si era recata da lui per trovare una soluzione alla mancata gravidanza, Miniello ha proposto comunque la sua cura che prevedeva rapporti sessuali non protetti e non solo: “Poco prima di lasciare lo studio – ha raccontato una delle vittime – mi propone di assumere una pillola anticoncezionale. Anche in questo caso resto basita perché mi sono rivolta da lui per avere una gravidanza e non per non impedirla”. Ma c’è di più. L’uomo si spingeva fino al punto di ritenere le sue prestazioni realmente alternative ai farmaci per curare il papilloma virus e scongiurare il rischio di futuri tumori. E se una delle pazienti lo informava di disturbi apparentemente non legati al problema, Miniello creava collegamenti che terrorizzavano le donne: “Ho informato il medico di una situazione che mi affliggeva in quel periodo, una sorta di reflusso gastrico. Non ha perso occasione per spaventarmi ulteriormente facendomi intendere che quello fosse il sintomo di una grave forma tumorale che poteva interessare la lingua”.

Pur non avendo mai usato la forza fisica, Miniello era in grado di lavorare sulle paure delle sue pazienti. Anche di fronte a test che escludevano la presenza di papilloma virus, il ginecologo “manifestava chiaramente la sua perplessità circa l’affidabilità di quell’esame, non riconoscendone la validità” e quindi sottoponeva le donne a un nuovo test da far analizzare presso un laboratorio di sua fiducia, ma se anche in quel caso fosse stato negativo “lui non dava attendibilità al risultato ribadendo il concetto che solo la sua professionalità avrebbe potuto escludere la presenza del papilloma virus”. Una strada che poi lo spingeva a compiere il passo successivo: “Avere rapporti sessuali con lui – si legge negli atti – che aveva gli anticorpi dicendole altresì che ne aveva guarite tante”.

Eppure tutto questo non sarebbe bastato ad arrestarlo. Miniello è infatti finito ai domiciliari per aver palpeggiato il seno di una paziente e per aver effettuato una “ispezione rettale”. Il gip Salerno, che ha negato il carcere chiesto dalla Procura – ha ritenuto che nei casi in cui le donne hanno rifiutato i rapporti offerti dal medico, “non appare che gli atti posti in essere dall’indagato, pur univoci, fossero idonei alla consumazione del delitto di violenza sessuale”. Insomma per il giudice “l’assurdità della soluzione prospettata dal Miniello” è sicuramente in grado di generare “sgomento e perplessità” in alcune pazienti, ma non al punto da poterla dare vita a una sudditanza. A questa inferiorità psichica si poteva giungere se “si fosse trattato, ad esempio, di una visita effettuata da soggetti privi di alternative diagnostiche e terapeutiche, perché ad esempio svolta gratuitamente in favore di soggetti indigenti” oppure “in un contesto sociale o culturale tale da poter considerare credibili” le conseguenze profetizzate dal medico, ma “il livello culturale e sociale delle persone offese – scrive il gip – nonché l’assenza di una situazione di attuale, imminente pericolo per la propria incolumità (…) nonché alle capacità di valutazione di cui le persone offese erano in possesso e che hanno consentito loro di sottrarsi agevolmente alla perversa strategia dell’indagato, impediscono di ritenere” che si tratti di un tentativo di violenza sessuale.

Un punto sul quale i pubblici ministeri che seguono il caso, il procuratore Roberto Rossi, l’aggiunto Giuseppe Maralfa e il sostituto Grazia Errede, la pensano in maniera differente e potrebbero impugnare il provvedimento per confermare l’accusa di tentata violenza sessuale anche nei casi di rifiuto delle donne: nella richiesta d’arresto in carcere, i pm hanno parlato di una “personalità subdola e priva di alcun freno inibitorio” che “approfittando delle condizioni di ‘inferiorità psicologica’ delle vittime, ingenerata di proposito prospettando malattie oncologiche anche con esiti mortali, ha dato esecuzione al proprio programma criminoso sfruttandone il relativo stato di chiara inferiorità e la relativa vulnerabilità pur di raggiungere i suoi turpi obiettivi di soddisfacimento sessuale”. Una squallida prassi che per l’accusa di perpetua da anni per anni e nei confronti di numerose vittime per il solo scopo di “dare appagamento alle proprie bramosie sessuali”. E infatti le denunce, alcune delle quali risalgono tuttavia al 2019, dopo l’inchiesta de Le Iene continuano ad aumentare: in queste ore si moltiplicano soprattutto le dichiarazioni di donne che hanno rimandato l’offerta al mittente. Sono pochissime, invece, le denunce di donne che hanno accettato di subire atti sessuali con la speranza di guarire grazie agli anticorpi che il ginecologo sosteneva di poter trasmettere attraverso rapporti completi e non solo.

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