Dopo la mozione alla Camera a prima firma di Maurizio Lupi di ‘Noi con l’Italia’ affinché il Parlamento discuta e voti a favore del nucleare di quarta generazione, ne è stata pubblicata un’altra, che va in direzione opposta, a prima firma firma del deputato tarantino Giovanni Vianello, relatore dell’inchiesta in commissione Ecomafie sulla Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitare il Deposito nazionale. Si chiede al governo Draghi di opporsi all’inserimento dell’energia nucleare e del gas nella tassonomia verde dell’Unione Europea e a non intraprendere iniziative per consentire nuovamente sfruttamento e impiego di energia nucleare in Italia “in ossequio alla volontà popolare espressa all’esito dei referendum del 1987 e del 2011”. A firmare la mozione altri 11 parlamentari di diverse componenti del gruppo misto, tra cui l’ex presidente di Legambiente Rossella Muroni (FacciamoEco) e l’ex ministro Lorenzo Fioramonti.

Un cambio di marcia rispetto a Glasgow – Per il governo Draghi sarebbe un cambio di marcia, rispetto a quanto mostrato alla Cop26 di Glasgow, dove l’Italia non ha sottoscritto, insieme a Germania, Austria, Lussemburgo, Portogallo e Danimarca, una dichiarazione contro l’inserimento del nucleare nella tassonomia Ue. Anche in quel caso, uno schieramento in risposta a un altro, ma in ambito europeo, dato che a metà ottobre avevano scritto alla Commissione europea dodici Paesi, in prima linea la Francia, per chiedere di riconoscere l’energia nucleare come fonte di energia a basse emissioni, da inserire nei piani Ue per la “transizione verso la neutralità climatica”. Insieme a Parigi, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Romania.

Il testo della mozione – “Agli annunci e presunti costi legati agli investimenti in energia atomica dichiarati dai proponenti – si legge nella mozione – i risultati sono stati sempre disattesi: nel 2008 c’erano due Epr (European Pressurized Reactor, ossia reattore nucleare europeo ad acqua in pressione di terza generazione avanzata, ndr) in costruzione, uno in Finlandia a Olkiluoto e uno in Francia a Flamanville”. In Finlandia l’azienda impegnata nella costruzione, Areva, è fallita mentre il costo stimato è lievitato circa quattro volte e, secondo le nuove previsioni, non si terminerà prima del 2024.

A Flamanville, cantiere gestito da Edf, i costi di costruzione sono saliti fino a 19 miliardi di euro “tenendo conto anche dei costi finanziari come valutati dalla Corte Des Compts nel 2020”. Anche in questo caso la costruzione non è terminata. “Negli Usa – prosegue la mozione – a vent’anni dal ‘rinascimento nucleare’ lanciato da George W. Bush, nessun reattore di generazione III+ è entrato in funzione e dei quattro reattori AP1000 in costruzione, due sono stati cancellati e due proseguono a costi esorbitanti: dai circa 9 miliardi di dollari iniziali si è già passati a una stima di 27 miliardi”.

Tra ricerca e decommissiong – In Italia, nonostante i referendum, la ricerca non si è mai fermata. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha concesso il patrocinio del ministero all’evento ‘Stand Up for Nuclear’, una serie di incontri per promuovere il ricorso al nucleare come fonte energetica. Leonardo, attraverso la sua controllata Vitrociset, è impegnata su Iter, il progetto che punta a realizzare un reattore sperimentale a fusione nucleare. Partecipa anche Enea. “La costruzione sarebbe dovuta terminare nel 2016, ma si stima non accadrà prima del 2025” ricordano i deputati. Sul decommissioning “dopo 34 anni dallo spegnimento dei reattori, i rifiuti radioattivi prodotti da centrali e altri siti nucleari sono in parte all’estero per essere riprocessati e poi tornare in Italia e in parte dislocati in 19 siti temporanei sul territorio nazionale”.

I costi sono scaricati sulle bollette elettriche alla voce A2RIM e rappresentano il 6% degli ‘oneri di sistema’ che incidono circa il 23% della spesa di energia elettrica di una famiglia tipo. Nel frattempo, si è in attesa della costruzione del Deposito Nazionale per stoccare definitivamente i rifiuti radioattivi a bassa attività e, temporaneamente, quelli a media e alta attività che poi dovrebbero trasferiti in un ipotetico deposito geologico o in alcuni depositi di profondità condivisi, opzione a cui stanno pensando alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia. A riguardo, nella mozione, si chiede che il governo si adoperi perché vi sia “una pianificazione certa per l’individuazione del sito che ospiterà il deposito geologico” non oltre il 2027 o comunque prima della realizzazione del Deposito Nazionale. E che si apra un confronto con gli Stati Uniti, affinché gli 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio (20 dei quali sono stati ritrattati) che si trovano presso l’Itrec di Rotondella e provenienti dalla centrale americana di Elk River, tornino negli Usa.

Articolo Precedente

Alla Cop26 decisioni prese solo per non decidere

next
Articolo Successivo

Report Ecomafie, De Raho: “Calo dei controlli è allarmante”. Legambiente: “Preoccupati, transizione deve avere fedina penale pulita”

next