Da alcuni anni una coppia di aquile reali si era installata sul Massiccio del Grappa, a cavallo delle province di Treviso e Vicenza. Una di loro è stata uccisa da un bracconiere, costringendo così l’altro esemplare a vivere da solo, senza la possibilità di riprodursi. Il danno causato è molto rilevante. “Stiamo parlando di una specie superprotetta e per chi la caccia è prevista una pena da due a 8 mesi di arresto – dichiara il consigliere regionale del Pd Andrea Zanoni, sensibile ai temi ambientali – Faccio un appello agli inquirenti perché rintraccino chi ha sparato. E suggerisco di incrociare i dati dei cacciatori che si trovavano in zona, tramite le celle telefoniche e il controllo dei tesserini di caccia”.

L’aquila stata uccisa con tre pallettoni. Con l’altro esemplare formava l’ultima coppia rimasta sul Massiccio che raggiunge i 1.775 metri e che era stata avvistata in zona da un paio d’anni, facendo il nido sul versante vicentino. La carcassa dell’animale è stata trovata da volontari della Lipu in provincia di Treviso, nella riserva della biosfera del Grappa, ed è stata poi portata all’Istituto Zooprofilattico delle Venezie (a Padova), per accertare le cause del decesso e dare indicazioni utili ai carabinieri forestali di Valdobbiadene. Si tratta di un animale adulto, con più di cinque anni di vita.

Che sul Grappa ci siano aquile non è una novità, anche se fino a qualche anno fa le coppie segnalate erano due, poi la seconda era emigrata. “E’ una ventina di anni che l’Aquila reale nidifica nel Grappa – spiega l’esperto faunista Francesco Mezzavilla, esperto faunista ed ornitologo trevigiano – Che io ne abbia memoria è il primo episodio simile di bracconaggio sul Grappa. La seconda coppia si è allontanata perché probabilmente era disturbata dal troppo rumore. E’ rimasta così la coppia della Valle del Brenta. Le aquile sono animali territoriali che girano in coppia ed ora questa è rimasta da sola. Se uno dei due esemplari viene ucciso e ci sono le caratteristiche che lo consentono, quello rimasto si accoppia con un altro. E’ un gran peccato perché l’aquila è un predatore che sta ai massimi livelli della catena alimentare ed è importante per il territorio”.

Zanoni lo definisce un vero crimine. “Non dovrebbe essere impossibile trovare l’autore del bracconaggio, si tratta di soci delle Riserve alpine, quindi un numero limitato di soggetti su cui indirizzare le indagini. In uno Stato civile dovrebbero essere applicate pene accessorie come la moratoria di 5 anni della caccia nei Comuni dove accadono gravissimi atti di bracconaggio come questo”. E aggiunge: “In Veneto abbiamo ancora troppe persone che circolano armate con regolare licenza di caccia e tra queste ci sono anche dei delinquenti. Il bracconaggio andrebbe contrastato con maggior convinzione, invece c’è sempre meno vigilanza. La Regione ha praticamente smantellato i volontari delle associazioni ambientaliste, preferendo assegnare soldi alle associazioni venatorie per cene mascherate da convegni”.

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