I finanziamenti, copiosi, che banche e assicurazioni continuano ad erogare in varie forme all’industria dei combustibili fossili non sono solo un pericolo ambientale ma rappresentano anche la possibile miccia per innescare una crisi finanziaria paragonabile a quella iniziata con la caduta delle banca Lehman Brothers. Ne sono convinti 111 organizzazioni tra cui anche il Wwf e una sessantina tra economisti ed accademici di varie discipline, che hanno indirizzato una lettera-appello al presidente della Cop26 delle Nazioni Unite Alok Sharma. Tra le firme ci sono anche nomi piuttosto noti al grande pubblico come lo storico dell’economia Adam Tooze. Domenica prossima si aprirà a Glasgow, in Scozia, un vertice decisivo per cercare un’intesa internazionale su un’azione coordinata contro il surriscaldamento globale. Al momento il tema dei rischi finanziari dei cambiamenti climatici non fa parte dell’agenda che verrà discussa durante il vertice.

Come evidenziano i firmatari i finanziamenti alle compagnie di petrolio, gas e carbone espongono la banche ad un doppio rischio. Se i fossili continano ad essere utilizzati come ora (e dunque queste aziende rimangono redditizie per azionisti e creditori) i disastri ambientali sono destinati a moltiplicarsi con conseguente impatto sulle economia (e quindi sulle banche) e sui premi assicurativi da pagare a chi subisce danni. Se viceversa si concorderà davvero una sterzata sui finanziamenti ai fossili il valore delle partecipazioni e dei crediti è destinato a scendere provocando perdite ai soggetti coinvolti.

Quale dunque la soluzione? Secondo i sottoscrittori della lettera banche e assicurazioni dovrebbero essere obbligate a coprirsi interamente dai rischi. Per ogni euro investito in gas, carbone e petrolio dovrebbe essere accantonata una somma analoga. Questo consentirebbe a chi finanzia il fossile di sopportare le perdite senza gravare sulla collettività invocando salvataggi pubblici. Attualmente l’industria della finanza ha investimenti diretti nei fossili per un valore che si avvicina ai 4mila miliardi di dollari con un incremento di 750 miliardi solo nel 2020. L’agenzia di rating Moody’s ha calcolato che i prestiti e gli investimenti che subiranno un qualche impatto dal processo di transizione verso le rinnovabili ammontano a 22mila miliardi di dollari.

L’Agenzia internazionale dell’energia (struttura riconducibile all’Ocse) ha sottolineato di recente che per raggiungere gli obiettivi di contenimento dell’aumento della temperature globale gli investimenti in questo settori andrebbero immediatamente azzerati. Martedì scorso il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres ha affermato che “Siamo ancora sulla buona strada per la catastrofe climatica. Anche con gli attuali contributi determinati a livello nazionale e altri impegni dei paesi di tutto il mondo, siamo effettivamente sulla buona strada per un catastrofico aumento della temperatura globale di circa 2,7 gradi Celsius”.

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