Con il tasso di vaccinati più basso dell’Unione europea e la curva dei contagi che preoccupa ogni giorno di più, anche la Bulgaria sceglie di affidarsi al green pass per contenere l’avanzata del Covid. Giovedì 21 ottobre è entrato in vigore l’obbigo per accedere a tutti i locali al chiuso, a eccezione di farmacie, banche e alimentari: la non ottemperanza comporterà multe per clienti e commercianti. È l’estremo tentativo del ministro della Salute Stoicho Katsarov di dare una spinta alla campagna vaccinale – ferma al 20,4% di immunizzati con doppia dose, contro il 63,5% della media Ue – e di arrestare l’impennata dei contagi, la cui media mobile a sette giorni ha superato i quattromila casi su sette milioni di abitanti (23.033 nella giornata di domenica). Nell’ultima settimana si sono contati 802 morti, il record da aprile, di cui 58 solo sabato. Se la tendenza non si invertirà in 10-15 giorni – ha avvertito Katsarov qualche giorno fa in un’intervista tv – il rischio è di esaurire la capacità sanitaria del Paese ed essere costretti a inviare malati all’estero.

Se il pass non raggiungerà lo scopo, è stato annunciato, verrà indetto un periodo di lockdown totale. Buona parte della popolazione resta però contraria alla misura, come dimostrano le centinaia di persone scese in piazza a Sofia e nelle altre maggiori città per contestare l’obbligo. Con loro i rappresentanti delle categorie produttive – in particolare i ristoratori, che hanno annunciato di voler boicottare le nuove regole – e i leader dei maggiori partiti politici, che ammiccano alla protesta popolare in vista delle elezioni del prossimo 14 novembre, le terze a tenersi quest’anno. Dopo due votazioni in cui nessun partito è riuscito a ottenere la maggioranza in Parlamento, infatti, il Paese è amministrato da un governo ad interim guidato dal generale dell’esercito Stefan Yanev.

Il quadro sanitario è critico anche in Romania, penultimo Paese Ue per numero di vaccinati con doppia dose (il 29,4% della popolazione) dove da lunedì sono in vigore nuove, severe restrizioni per arrestare la quarta ondata di contagi e morti: le scuole resteranno chiuse per almeno una settimana e l’obbligo di green pass si allarga ad una serie di attività non previste in precedenza, tra cui l’ingresso nei negozi, esclusi alimentari e farmacie. La mascherina diventa obbligatoria ovunque, sia al chiuso che all’aperto, e torna il coprifuoco notturno a partire dalle 22, con la chiusura di bar e ristoranti fissata alle 21. Le nuove misure resteranno in vigore per trenta giorni. Negli ospedali i duemila posti letto di terapia intensiva sono tutti occupati e i primi cinquanta pazienti critici sono stati trasferiti in Ungheria e Polonia. Un quadro che sembra aver sensibilizzato – almeno in parte – la popolazione: venerdì 22 ottobre hanno ricevuto la prima dose in 86mila, un record dall’inizio della campagna vaccinale. Nei giorni scorsi le autorità di Bucarest avevano lanciato un appello alla comunità internazionale per l’invio di aiuti e l’accoglienza di pazienti, raccolto oggi dalla Serbia con l’invio di una partita di farmaci e circa 900 litri di ossigeno concentrato.

In Germania invece è acceso il dibattito su eventuali nuove misure per il forte aumento dei contagi registrato settimana scorsa: venerdì si è sfiorata quota 19mila nuovi casi al giorno, che non si toccava da maggio. Lunedì il Robert-Koch-Institut ha segnalato un aumento dell’incidenza settimanale a 110,1 casi su 100mila abitanti, un’impennata di oltre trenta punti in una settimana (domenica 17 erano 74,4): in Italia, per fare un paragone, l’incidenza è a 34 casi. La media mobile dei nuovi contagi, invece, è di oltre 13mila al giorno. Ancora domenica, il ministro della Salute uscente Jens Spahn (Cdu) ha affermato che i numeri delle vaccinazioni (il 78,7% degli over 18 hanno completato il ciclo) consentono di non prorogare lo stato di emergenza sanitaria, facendolo scadere il 25 novembre: ma sua posizione è stata attaccata da diversi politici anche dell’Spd, il partito alleato di governo. L’incidenza a sette giorni degli ospedalizzati – rassicura ancora il ministero – resta sotto i tre casi ogni 100mila abitanti, ma il governo conferma le prime segnalazioni del rinvio di interventi chirurgici a causa della pandemia.

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