Dammi una spiegazione entro un’ora o ti vengo a cercare”. Così scrive Roberto Jonghi Lavariniil “Barone nero” al centro dell’inchiesta di Fanpage sui rapporti tra neofascismo e partiti di destra – a Salvatore Garzillo, il cronista che per tre anni si è finto un lobbista interessato a finanziare in nero i suoi eventi elettorali. Jonghi ha appena scoperto che dentro il trolley che credeva pieno di banconote ci sono in realtà libri sull’Olocausto e una copia della Costituzione italiana. E riversa tutta la rabbia in un messaggio Whatsapp: “Prima di emettere una mia sentenza e avviso pubblico nei tuoi confronti (ma poi devi lasciare Milano) attendo spiegazioni, di qualunque genere, entro oggi”.

E ancora: “Tu non sei un giornalista d’inchiesta super partes ma una spia politica, punto. Per fortuna nessuno, tranne me, ti ha dato credito e si è fidato… La conclusione romanzesca era prevedibile, oramai lo avevo capito quasi anche io, per questo i vostri uomini attori sono stati a loro volte pedinati e filmati, come la targa del tuo amico…”. Il “Barone nero” – spiega Fanpage – si riferisce ad altri cronisti della testata che erano comparsi di sfuggita negli ultimi incontri. E conclude confermando l’esistenza del giro di finanziamenti in nero, messo in crisi dalla truffa: “Ho bloccato sei iniziative su nove, ora mi toccherà pagare personalmente le altre promesse. Oltre il danno, la beffa”, chiosa amaro.

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