“Sono 15 giorni che mi tengono chiusa in casa, venite ad aiutarmi”. Questa la richiesta di aiuto di una ragazza di vent’anni, sequestrata dai genitori ad Asola, nel Mantovano. La famiglia, di origine cinese, non vedeva di buon occhio la relazione con un giovane proveniente dal Pakistan. Sottraendo di nascosto il telefono della madre, la ragazza è riuscita però a contattare i carabinieri. Fermati il padre e altre due persone. Ha lanciato lei stessa l’allarme lo scorso 3 settembre. Chiamato dalla ragazza, il fidanzato le ha detto di rivolgersi immediatamente al 112. Mentre i militari di Castiglione delle Stiviere allertavano quelli di Asola, l’operatore ha cercato di ottenere il maggior numero di informazioni possibili e di tenere tranquilla la giovane. Al loro arrivo i carabinieri hanno trovato la porta di casa sbarrata. Ma la ventenne si è affacciata in lacrime alla finestra, così gli uomini dell’arma sono riusciti a liberarla.

Una volta in caserma la ragazza ha raccontato tutti i particolari della vicenda, comprese le violenze e le durissime condizioni di lavoro che la famiglia le aveva imposto prima del sequestro. Il padre era infatti già noto alle forze dell’ordine e aveva precedenti per sfruttamento. Allarmato dall’amore tra la figlia e un giovane dipendente, di origine pakistana, della sua azienda tessile, aveva deciso di distruggerle il cellulare – per interrompere ogni comunicazione con il fidanzato – e chiuderla in casa, finché non avesse cambiato idea. La testimonianza ha permesso di accertare il reato anche al Nucleo Ispettorato del Lavoro. Nella ditta – dove sono stati trovati due impiegati al momento del sopralluogo – si lavorava senza giorni di riposo, con orari massacranti e salario bassissimo o addirittura inesistente. Il padre della giovane è stato quindi arrestato, insieme ad altri due complici, con accuse che vanno da sequestro di persona a sfruttamento del lavoro, a violenza privata e maltrattamenti in famiglia.

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