“In tutti i posti che ho girato per l’Italia mi hanno chiesto di togliere il reddito di cittadinanza. In manovra economica l’emendamento per farlo lo metto io, avrà la mia prima firma. Poteva avere un senso tre anni fa, ma ora abbiamo visto che non funziona e dobbiamo assolutamente cancellare il redito di cittadinanza”. Lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini a Pinzolo. “La proposta che faremo in piazza e in Parlamento è semplice: con i soldi che si risparmiano sul reddito cittadinanza si rinviano le cartelle esattoriali e si finanzia quota cento. Conto che sul taglio delle tasse, sulle cartelle esattoriali tutto il centro destra sia unito”, ha aggiunto il leader della Lega. Già la scorsa settimana, intervenendo al meeting di Rimini davanti alla platea di Comunione e Liberazione e Compagnia delle Opere, Salvini aveva affermato: “Tornassi indietro non rivoterei il reddito di cittadinanza. E’ una legge che si è dimostrata nei fatti, inidonea”. La misura è stata infatti introdotta nel 2019 con la Lega al governo e Salvini ministro dell’Interno e vice premier. Sempre più solido quindi l’asse tra Italia Viva e Lega, entrambi i partiti a testa bassa contro il Rdc.

Ieri lo ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, sempre della Lega, aveva usato parole meno lapidarie: “Il reddito di cittadinanza deve essere considerato ma non deve essere un ostacolo alla dinamica del mercato del lavoro”, non deve diventare “una barriera” per la quale “molti preferiscono rinunciare al lavoro, e diventa controproducente. Questo è un meccanismo che deve essere risolto”.

Rimane di diverso avviso però il presidente del Consiglio Mario Draghi che ha affermato di condividere pienamente i principi alla base della misura. Certo, che il reddito di cittadinanza, subirà un “tagliando” dopo la pausa estiva è ormai dato per acclarato. Lo strumento verrà tarato meglio in base alla composizione del nucleo familiare e interventi dovrebbero riguardare anche gli stranieri che risiedono in Italia da meno di dieci anni e che, al momento, sono esclusi dal sussidio. Motivo principale per cui il reddito non raggiunge tutte le persone che versano in povertà secondo i criteri Istat. Possibile anche una separazione tra la componente welfare e quella workfare della misura, ossia tra il sostegno prettamente economico e l’opera di ricollocamento sul mercato del lavoro. Quest’ultima è la parte della misura che ha sinora dato i risultati più deludenti. Difficile peraltro attendersi il contrario, visto che le presone da reimmettere nel mercato del lavoro sono in gran parte a bassa o bassissima scolarizzazione e da tempo senza occupazione. Possibile che vegano introdotti anche maggiori vincoli nella possibilità di rifiutare offerte, con l’ipotesi anche di compensare il basso stipendio con l’integrazione del reddito.

Ormai non si contano gli studi, anche da fonti “insospettabili”, che evidenziano gli aspetti positivi di misure come un reddito universale di base. Ma questo provvedimento ha avuto anche l’effetto di prosciugare il bacino di lavoratori a cui era possibile attingere per offerte di lavoro a qualsiasi prezzo e qualsiasi condizione. Ora esiste una sogli minima sotto qui è possibile dire “no”.

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