Nell’inarrestabile spostamento della comunicazione verso il digitale sembra esserci una vittima chiara: la carta stampata. Mentre per gli altri media si è trattato sostanzialmente di adattarsi e reinventarsi per i quotidiani il declino pare acuirsi e incancrenirsi. A certificarlo è Giacomo Lasorella presidente Agcom (autorità che vigila e regola il mondo della comunicazione) che oggi ha presentato la relazione annuale al parlamento. “La crisi strutturale della stampa tradizionale si sta rilevando sempre più marcata e mostra di non aver beneficiato particolarmente della accresciuta domanda di informazione dovuta alla crisi pandemica. Nel secondo trimestre 2020, solo il 17,6% degli italiani ha scelto in media di informarsi sui quotidiani, secondo un trend in discesa che è comune a tutta l’Unione europea”, ha affermato Lasorella

Come si legge nel documento “Nell’editoria quotidiana, l’Autorità ha censito 105 testate, per un valore complessivo di 1.103.826.466 copie (-13,4% rispetto al 2019). Anche nel 2020, nessun editore ha superato la soglia di legge stabilita al 20% della tiratura globale. In questo scenario l’Autorità è stata particolarmente attenta a vigilare sul pluralismo nei suoi singoli aspetti. Partendo da quello che è definito pluralismo esterno, monitorando i principali indicatori di concorrenza si è registrata una sostanziale stabilità negli anni della concentrazione e delle quote di mercato degli operatori leader nei diversi ambiti”. In generale, precisa l’Agcom, quella dei media è un industria che in Italia soffre con un valore economico complessivo in calo da oltre un decennio. Secondo la relazione “ciò conferma non solo la fragilità della nostra industria culturale, ma segnala probabilmente anche un vuoto di politica industriale da colmare in un settore che gode di grande prestigio nel mondo quanto a sapienza tecnica e qualità dei contenuti”.

Chi invece avanza come un carrarmato è il web, “aiutato” anche dall’emergenza sanitaria. La rete internet “è stata la grande protagonista dell’anno appena trascorso: un anno di pandemia in cui l’uso della rete si è ampliato e intensificato”. Il presidente di Agcom Giacomo Lasorella fa il punto sulle infrastrutture ma anche sulla diffusione dei servizi che piano piano crescono. “Attualmente la copertura del territorio nazionale, considerando l’infrastruttura qualitativamente capace di garantire prestazioni in termini di velocità di connessioni migliori, ovverosia la fibra ottica, risulta pari al 33,7% delle famiglie italiane, in crescita rispetto al 30% del 2019.

“Il Consiglio ed io siamo consci della nostra missione: accompagnare il Paese verso la transizione digitale. Uno slogan che si concretizza nella possibilita’ – afferma il presidente dell’Agcom Giacomo Lasorella – di garantire al cittadino comunicazioni veloci, reti efficienti, pacchi consegnati in tempi giusti, un’informazione e un intrattenimento offerti a prezzi equi e nel rispetto del pluralismo e dei valori della Costituzione, oltre ad una rete internet che costituisca un luogo di scambi e di relazioni improntato alla libertà e al rispetto dei diritti”. Il futuro, prosegue il presidente nella relazione al Parlamento, “che ci attende è incerto, ancora di più in un’epoca in cui tutto sembra cambiare in modo rapido e imprevedibile.

Guardando all’attuale situazione della diffusione dei servizi a banda larga sul territorio italiano, a fine 2020 gli accessi broadband e ultrabroadband, residenziali e affari, hanno superato 18,1 milioni di unità, pari ad un rapporto di 30,4 linee ogni 100 abitanti. Tale indicatore è pari a 20,4 linee per 100 abitanti per le connessioni con capacità maggiori di 30 Mbit/s (16% nel 2019) e scende a 15,6 linee (11,7% lo scorso anno) con riguardo a quelle con velocità superiore a 100 Mbit/s”.

Il digital divide c’è ancora ma Agcom vede un rapido cambiamento in corso. “Sussistono ancora differenze molto significative tra i diversi territori del Paese e, in particolare, tra Centro Nord e Sud e, come si usava dire, tra città e campagna. Pur tuttavia, gli ingenti investimenti pubblici e privati attualmente in campo ed un contesto di concorrenza crescente nei mercati dei servizi di accesso alla rete fissa lasciano intravedere una situazione infrastrutturale in forte evoluzione” (+2,8%).
“È un comparto in grandissima evoluzione tecnologica, con un fortissimo impatto sul cittadino e con effetti rilevanti sul quadro economico e sociale” sottolinea Lasorella, resiliente ma anche lui ha sofferto per la crisi pandemica. “Ha mostrato una flessione, in termini di risorse complessive, del 4,8%. La contrazione è più marcata nella rete mobile (-5,9%), mentre la rete fissa mostra riduzioni più contenute (-3,8%)”.

Non sfugge che in rete i contenuti siano veicolati agli utenti in larga misura da pochi soggetti. I soli noti: Google, Facebook etc. Per questo Lasorella rimarca come “La nuova frontiera della garanzia del pluralismo passa, infatti, in larga misura, per la trasparenza delle decisioni algoritmiche (in modo compatibile con il rispetto dei relativi segreti industriali), secondo un concetto lato di neutralità della rete che si estenda anche al pluralismo informativo online che, appunto, è intermediato da grandi piattaforme che selezionano e suggeriscono contenuti”. La Francia ha espressamente conferito ex lege una funzione di garanzia in materia di trasparenza algoritmica una autorità indipendente, il Csa”.

Le tlc in Italia sono ancora, soprattutto nel mobile, un mercato “altamente concentrato in cui tre operatori (Tim, Vodafone e Wind Tre), con quote tra loro relativamente simili rappresentano poco meno del 90% del mercato” anche se i tre big nel 2020 hanno dovuto fare spazio a Iliad. “Va tuttavia osservato come nel 2020 Tim e Vodafone abbiano perso nel complesso 3,8 punti percentuali a favore di Iliad e degli operatori di reti mobili virtuali, che ne hanno guadagnati 3,5 (4,6 se si considera il solo segmento residenziale)”. Nella rete fissa invece la concorrenza si fa a Milano dove l’Autorità ha revocato gli obblighi regolamentari imposti nell’ambito della precedente analisi di mercato e che permangono nel resto d’Italia. Qualcosa però si muove: “in virtù del maggior livello di concorrenza riscontrata, l’Autorità ha introdotto una differenziazione dell’obbligo di controllo di prezzo in 24 comuni cosiddetti contendibili, prevedendo, per il primo anno di validità del provvedimento, la rimozione dell’obbligo di fissare prezzi orientati ai costi”.

– “Per quanto riguarda infine il settore postale, va segnalato innanzitutto che si tratta di un settore in grande trasformazione, con particolare riferimento al settore dei pacchi, anch’esso investito di riflesso dalla trasformazione digitale, che coincide con una profonda crisi nel mercato della corrispondenza . Le statistiche internazionali evidenziano che i volumi di corrispondenza nel decennio 2007-2017 hanno subito, a livello globale, una flessione del 31%. In questo contesto l’Italia è tra i Paesi europei in cui si è ridotta maggiormente la corrispondenza cartacea ed è verosimile che questo andamento negativo proseguirà nei prossimi anni per effetto della diffusione della digitalizzazione, ulteriormente accelerata dalla pandemia Covid-19. A fronte di questa tendenza, va evidenziato un fortissimo incremento della spedizione dei pacchi. Dal 2016 al 2020 a fronte di un raddoppio dei volumi dei servizi di consegna dei pacchi, gli invii di corrispondenza si sono ridotti di un terzo; nell’ultimo anno i pacchi sono cresciuti di quasi 27 punti percentuali, mentre, i servizi di corrispondenza si sono ridotti di circa 5 punti percentuali. In termini assoluti, nel 2020 il settore postale nel suo complesso (corrispondenza e pacchi) ha registrato in Italia circa 3,2 miliardi di invii, in calo del 9,5% rispetto al 2019.

Il fatturato complessivo del settore postale nel 2020 è stato pari a 6,8 miliardi di euro, con un aumento del 4,8% rispetto all’anno precedente, riconducibile prevalentemente alla crescita dei ricavi da pacchi non rientranti nel servizio universale. In base a questi risultati il peso del settore postale sul PIL è stato per il 2020 pari allo 0,41%. L’esame del mercato postale conferma un elevato grado di concentrazione, ancorché l’offerta di servizi postali sia realizzata, oltre che dal fornitore del servizio universale (Poste Italiane), da numerosi operatori alternativi, tuttavia di ridotte dimensione, poco strutturati e prevalentemente rivolti al mercato locale”.

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