In Piemonte la Lega ha vinto la sua battaglia, riuscendo a smontare la legge del 2016 sulle “Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico”, che in 4 anni aveva portato a un calo dei volumi del gioco fisico pari al 16,5% nella Regione. Il lungo e travagliato iter del provvedimento, osteggiato dalle opposizioni ma anche dagli alleati, si è concluso con 25 voti favorevoli, 17 contrari, 3 astenuti e un non votante. Fratelli d’Italia si è opposta, mentre Forza Italia ha dato il suo appoggio: anche se il presidente forzista della Regione, Alberto Cirio, si è limitato a esprimere il suo voto favorevole, senza mai prendere parola durante i tre giorni di discussione. Men che meno intestarsi la vittoria.

Tra le novità della cosiddetta “Legge Leone”, dal nome del suo primo firmatario, il consigliere leghista Claudio Leone, la riduzione del “distanziometro”. Se nel provvedimento precedente si indicavano 500 metri di distanza obbligatoria nei comuni sopra i 5mila abitanti tra le sale slot, sale scommesse, spazi per il gioco e i luoghi sensibili come ospedali, compro oro, scuole, bancomat, adesso la lontananza si riduce a 400 metri. Mentre rimane immutata a 300 metri per i comuni sotto i 5mila abitanti. Inoltre, viene cancellata la retroattività della precedente legge: dovranno attenersi alle regole solo i nuovi esercizi, mentre le attività che avevano levato gli apparecchi dopo l’entrata in vigore della norma del 2016 “possono rivolgere istanza di reinstallazione, anche se sono intervenuti cambi di titolarità, senza che ciò sia equiparato a nuova installazione, purché non si superi il tetto massimo esistente a maggio di 5 anni fa”, si legge nel testo.

Le fasce orarie sono tassative: sale da gioco e sale scommesse dovranno interrompere le attività dalle 2 alle 10, gli spazi gioco per dieci ore giornaliere complessive, di cui otto ore consecutive nella fascia dalle 24 alle 8 e due ore nella fascia di uscita dalle scuole dalle 13 alle 15. I gestori potranno decidere se chiudere prima, ma – a differenza della legge del centrosinistra – i sindaci non avranno nessun margine d’intervento. L’ok alla legge è arrivato dopo tre giorni di forti discussioni dentro il palazzo del consiglio regionale. Il 6 luglio, mentre fuori da palazzo Lascaris i sindaci, le minoranze, il candidato del centrosinistra Lo Russo e don Luigi Ciotti (Gruppo Abele e Libera) protestavano contro il nuovo disegno legge, la maggioranza tirava fuori dal cilindro il “canguro”: un nuovo documento che presentava una lunga serie di emendamenti riassuntivi per far decadere quasi tutti i 900mila depositati dalle opposizioni. Se n’erano salvati soltanto 180, discussi già martedì stesso.

Al momento dell’approvazione tanti i cartelli con la scritta “Non finisce qui”, alzati dai banchi dell’opposizione. Centrosinistra e Movimento 5 Stelle promettono un referendum abrogativo, chiamando in causa direttamente in cittadini. “La maggioranza ha fatto una scelta scellerata, avvenuta sotto dettatura delle lobby dell’azzardo, ignorando tutti i pareri contrari di associazioni, enti locali e forze dell’ordine che, durante le audizioni in commissione, hanno messo in guardia il legislatore dal modificare questa buona norma”, si legge in una nota del gruppo M5S. “Visti gli evidenti profili anticostituzionali della legge – concludono i pentastellati – confidiamo in uno stop da parte della magistratura”.

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