Scontri tra manifestanti anti-governativi e polizia nelle città colombiane di Medellin e Popayan durante le proteste antigovernative. Il Paese è al secondo mese di manifestazioni, cominciate il 28 aprile, durante le quali sono morte almeno 60 persone. Di recente una missione della Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) ha visitato la Colombia per ascoltare delle parti coinvolte nelle tensioni sociali la versione dei fatti che hanno portato alla morte di decine di persone, all’arresto e alla scomparsa di centinaia di esse, e al ferimento di migliaia di partecipanti alle manifestazioni.

Giorni fa il Comitato nazionale di sciopero, promotore della mobilitazione nazionale, ha dichiarato una sospensione della sua attività, ma numerosi gruppi di base, particolarmente critici del governo del presidente Iván Duque, hanno continuato a scendere in piazza scontrandosi con le forze dell’ordine. Nella giornata di lunedì, ha segnalato il direttore nazionale della polizia, Jorge Vargas, la Squadra antisommossa (Esmad) è intervenuta ripetutamente – “almeno 20 volte” – per affrontare i dimostranti a Bogotà, Medellín, Barranquilla, Pereira e Cali.

Le proteste che continuano da due mesi si sono trasformate nella più importante mobilitazione antigovernativa della storia recente colombiana, mettendo a dura prova la capacità della polizia di rispettare il diritto di libera manifestazione. Non sono mancati in questo senso eccessi, tanto che l’organizzazione statunitense Human Rights Watch (Hrw) ha accusato gli agenti dell’Esmad di essere responsabili di almeno 20 omicidi intenzionali di manifestanti.

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