Da quartiere dormitorio e molto problematico a museo d’arte urbana a cielo aperto, con 46 opere realizzate da celebri artisti sui palazzoni grigi e anonimi di pesante cemento armato, per una superficie dipinta di oltre 4mila metri quadrati. Opere divenute motivo di vanto per i circa 4mila residenti rappresentativi di ben 18 etnie. Lunetta, quartiere popolare nella periferia nord di Mantova, è cambiato anche grazie al festival Without Frontiers nato sei anni fa, in concomitanza con l’anno di Mantova Capitale italiana della cultura, con l’intenzione di riqualificare la zona e aprirla al resto della città, tracciando una sorta di ponte artistico fra il centro storico – impreziosito da capolavori rinascimentali come la Camera degli Sposi del Mantegna a Palazzo Ducale e la Sala dei Giganti di Giulio Romano a Palazzo Te – e la periferia, sede open air di arte contemporanea. Una periferia difficile, complicata, emarginata quella del quartiere di Lunetta nato alla fine degli anni ’60 proprio per ospitare il maggior numero di persone nel minor spazio possibile e non troppo lontano dalla città e dalla zona industriale.

Palazzi su palazzi, cemento armato su cemento armato, il quartiere popolare, gioco forza, è cresciuto divenendo contenitore di ampie sacche di emarginazione con diverse criticità. “Oggi Lunetta è cambiata – spiega al ilFattoQuotidiano.it Ammara, una 33enne pakistana che vive nel quartiere da sette anni – e quando parlo con le persone non ho più paura di dire che vivo qui”. Il festival Without Frontiers, come conferma anche Ammara, ha contribuito molto a questo cambiamento, dando colore ai palazzi, luce a sottopassi bui, anima a una piazza grigia divenuta una vera e propria ‘agorà‘ dove gli abitanti del quartiere si ritrovano e i bambini giocano. Proprio piazza Unione Europea è una delle ultime opere realizzate quest’anno da Tellas, artista di origini sarde noto a livello internazionale, che ha ripavimentato l’area dipingendo una superficie di 954 metri quadrati rielaborando elementi naturali, fiori e foglie su grandi campiture cromatiche. Ma basta fare due passi nel quartiere per imbattersi nelle altre opere che hanno ridisegnato le pareti esterne di molti palazzi, dando vita a murales legati, ogni anno, da un tema attorno al quale gli artisti invitati lavorano ‘arrampicandosi’ sulle abitazioni.

Uno dei più significativi è senz’altro quello realizzato su un palazzo di viale Lombardia dall’artista basco Sebas Velasco, che ha ritratto Malik, un ragazzo di origine senegalese residente nel quartiere e rappresentante delle cosiddette seconde generazioni. Un ritratto realistico, senza filtri, uno spaccato di realtà realizzato dall’artista sul tetto di un palazzo, con in secondo piano le vicine ciminiere del polo chimico-industriale della città. Perché Lunetta è anche questo. “In sei anni sono passati 129 artisti – spiega Simona Gavioli, curatrice del Festival organizzato dall’associazione Caravan Setup in collaborazione con il Comune di Mantova -, non solo writers, e abbiamo organizzato 440 visite guidate in questo museo di arte urbana diffuso in tutto il quartiere. Lunetta e i suoi murales sono diventati un fenomeno di studio e ricerca “. Certo non tutti i problemi possono essere cancellati da una pennellata di colore, ma il cambiamento si vede e l’arte in tal senso, aiuta: “Lunetta, anche se negli ultimi anni la situazione è via via migliorata, rimane un quartiere problematico nel quale devono convivere diciotto etnie, con diciotto modi di vivere e pensare diversamente – spiega Stefano Sabbadini, che vive da sempre a Lunetta ed è fra i volontari che gestiscono la biblioteca di quartiere – ma il festival Without Frontiers è diventato un punto fermo, un appuntamento fisso atteso, a giugno, da molti residenti che vedono Lunetta riprendere vita e colore”.

Una delle ultime opere realizzate è “Aperta” dell’artista olandese Erosie che insieme al writer italiano 108 ha dipinto il lato di un palazzo all’angolo tra viale Bolzano e viale Marche. “Mi piace molto lavorare nell’ambito dell’arte pubblica – spiega Erosie in un momento di pausa – perché è un’arte a favore di tutti che migliora i posti in cui viviamo. Pensi che in Olanda per ricostruire quartieri di città bombardate nel corso della seconda Guerra Mondiale lo Stato nel budget per la ricostruzione ha destinato l’1% alla Social Art”.

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