“Ricordo con gratitudine i 723 feriti e le 53 vittime italiane che hanno perso la vita per la Repubblica per portare stabilizzazione e pace in Afghanistan”. Sono le parole pronunciate dal ministro per la Difesa Lorenzo Guerini al Senato nel corso dell’informativa sulla conclusione della missione italiana in Afghanistan. L’Aula ha risposto con un lungo e sonoro applauso. Ma Emergency, presente in Afghanistan dal 1999 con due centri chirurgici per vittime di guerra, centri pediatrici, per maternità e di primo soccorso, in una nota diffusa poco dopo le dichiarazioni in Aula fornisce una prospettiva differente. E ricorda come il conflitto abbia lasciato dietro di sé un Paese devastato e centinaia di migliaia di vittime. “Venti anni dopo l’invasione internazionale, quello che vediamo dai nostri ospedali e ambulatori di primo soccorso è un Paese sconvolto dalla guerra, in cui si stima che, secondo i dati più recenti del progetto Costs of War della Brown University, circa 241mila persone siano rimaste uccise, mentre altre centinaia di migliaia, per lo più civili, sono morte a causa della fame, delle malattie e delle ferite causate dalle devastanti violenze” dice Marco Puntin, Programme coordinator di Emergency in Afghanistan, commentando le dichiarazioni del ministro della Difesa. “Solo nell’ultimo decennio, la Missione di assistenza delle Nazioni Unite (Unama) ha registrato almeno 7792 bambini uccisi e 18.662 feriti, di cui buona parte ha perso gli arti a causa di ordigni esplosivi e attacchi aerei. Con questi numeri e i combattimenti quotidiani in corso in ben 26 province del Paese è difficile parlare di ricostruzione del tessuto democratico e istituzionale, – prosegue Puntin. – Anche le donne, i cui diritti civili sono stati spesso sbandierati come una delle ragioni dell’invasione, hanno pagato un prezzo pesantissimo, con oltre 3mila morti e 7mila feriti dal 2010, e con un bilancio particolarmente pesante nel 2020 di 390 decessi registrati”

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