Gabriella, 63 anni, vive a Icod de Los Vinos, cittadina di poco più di 20mila abitanti nel nord dell’isola di Tenerife (Canarie). Lunedì prossimo tornerà finalmente in Italia e avrà l’occasione di rivedere i suoi nipoti dopo 18 mesi di assenza. Vaccinata con due dosi di AstraZeneca, il 23 marzo e il 4 giugno, si sottoporrà al tampone molecolare prima della partenza, come richiesto dalle autorità italiane, nonostante già disponga del green pass europeo. La Spagna ha infatti cominciato a emetterlo il 7 giugno, prima della data stabilita dall’Unione Europea, 1 luglio, giorno in cui i Paesi Ue abbandoneranno le linee guida nazionali per uniformarsi a quanto stabilito a Bruxelles.

“I centri vaccinali sono stati creati dal nulla. Io sono andata in uno dei bar dell’ospedale universitario di La Laguna, dopo esser stata convocata via sms. Un’app del governo canario, Mi Historia, registra la cartella clinica e il green pass digitalmente”, racconta Gabriella. È una delle grandi entusiaste della campagna vaccinale spagnola, che la settimana scorsa ha battuto due record in due giorni: giovedì sono state 624.261 le dosi somministrate, 654.232 venerdì, in un Paese di 47 milioni di abitanti. L’obiettivo è immunizzare il 70% della popolazione entro agosto. “Qui c’è molta adesione, non si parla d’altro. Invece mi sembra che in Italia, da quello che mi raccontano, siano tutti più freddi e meno interessati”, commenta Gabriella.

Il 45,8% degli spagnoli ha già ricevuto la prima dose, il 27,7% anche la seconda (in Italia il 24% della popolazione è completamente immunizzato, 26,9 in Germania, 21,4 in Francia). Questa percentuale proietta il Paese al primo posto tra i grandi dell’Unione Europea, con un ritmo che negli ultimi giorni ha superato quello di Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Eppure, gli ultimi numeri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), datati 2019, parlavano di 5,9 infermieri per mille abitanti, al di sotto della media di 8. L’Italia ne contava 6,7.

Oltre al personale volontario, ci sono Comunità Autonome, come Madrid, che hanno incorporato medici e infermieri in pensione. Alcune hanno invece assunto nuovo personale a tempo determinato. Secondo Encuesta de Población Activa, elaborata dall’Istat spagnolo, sono oltre 94mila i nuovi lavoratori, molti con un futuro incerto. Nella Comunità Valenciana, per esempio, il contratto è scaduto il 31 maggio e a 4mila di 9mila figure della sanità e dei servizi sociali non è stato rinnovato. Il rischio quindi è che con il ritorno alla normalità si rinunci al potenziamento del sistema sanitario.

Medici e infermieri hanno dedicato molte delle loro forze alla campagna vaccinale. Lo scorso aprile, a Siviglia, circa duemila ultraottantenni si sono presentati all’appuntamento dopo aver ricevuto messaggi falsi su WhatsApp. Invece di mandarli a casa, il servizio sanitario regionale ha mobilitato lavoratori e dosi extra per vaccinare tutti.

Il premier Pedro Sánchez conta di arrivare ai 15 milioni di immunizzati entro domenica (a oggi sono 13 milioni). Un obiettivo difficile ma non impossibile, considerando che la scorsa settimana il numero di dosi inoculate, 2,4 milioni, ha superato di un milione quello della settimana precedente. Da parte del governo e delle Comunità Autonome c’è fretta di velocizzare per l’arrivo della variante delta, proveniente dall’India, che ha costretto il Regno Unito a rinviare le aperture di un altro mese. In Spagna, rappresenta solo l’1% dei casi ma per contrastarla più efficacemente c’è bisogno della doppia dose. Madrid si è già attivata per accorciare il richiamo di AstraZeneca da 12 a 11 settimane.

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