L’inclusione sociale insieme alla cura dei beni comuni e dell’ambiente. E’ la missione di una comunità che da più di 10 anni sta portando avanti una “rivoluzione gentile” dal basso. Retake Roma è un movimento spontaneo di cittadini, no-profit e apartitico, che solo negli ultimi 6 anni ha realizzato più di 4mila eventi e ora sta ampliando i propri confini: geografici (35 città in Italia hanno già aderito: Bari, Padova o Palermo tra queste) e progettuali. “L’obiettivo concreto è quello di curare i luoghi comuni intesi come spazi pubblici” spiega la presidente dell’associazione Francesca Elisa Leonelli. “Quest’anno è nato il progetto ‘Retake Roma per una comunità solidale‘, abbiamo voluto porre ancora di più l’attenzione su questo aspetto – dice Leonelli – L’esperimento bellissimo che vediamo è quello di prendersi cura di un parco (quello del Colle Oppio, di fronte al Colosseo, ndr), mettendo a contatto persone più fragili, senza lavoro o magari senza fissa dimora, con i residenti del luogo”.

Ogni settimana i volontari incontrano gli ospiti della mensa Caritas e danno vita ad una rigenerazione: urbana e sociale. Non si tratta “solo” di riqualificare il parco e raccogliere rifiuti ma è qualcosa di molto più grande e che si evolve di settimana in settimana con l’introduzione, ad esempio, di lezioni d’italiano gratuite per gli stranieri. L’integrazione passa anche da queste piccole cose. La modalità di partecipazione alle attività è talmente immediata (basta presentarsi nel luogo e all’ora indicata nell’evento Facebook, non è richiesta alcuna iscrizione) che gli incontri si moltiplicano di mese in mese, specialmente durante il weekend. Non è il primo progetto solidale di Retake Roma. Da tre anni, ad esempio, è nata una collaborazione con Guscio di Noce, un’associazione che si occupa di ragazzi autistici o con difficoltà psicosensoriali multiple. Insieme ai volontari hanno appreso alcune competenze di giardinaggio e decoro urbano. “Il degrado e l’incuria della città per un attimo rimangono sullo sfondo: ci sono le persone al centro. Sono loro che fanno la differenza” raccontano i volontari.

Wake up, clean up, speak up”, è lo slogan di Retake, nato nel 2009 grazie a Rebecca Spitzmiller, una professoressa americana che, stanca del sempre più diffuso degrado di Roma, ha segnalato agli altri condomini che le colonne del proprio palazzo erano completamente imbrattate. “Se vuoi puliscitelo da sola”, la risposta che ha ricevuto. Detto, fatto. Con un solvente è riuscita a cancellare le scritte. Il giorno successivo ci è tornata insieme a un’amica e al figlio. Com’è andata a finire? Oggi Retake è un realtà molto conosciuta nella Capitale, dove è divisa in circa 80 gruppi di quartiere guidati da 150 admin. Nel 2018 la fondatrice è stata anche insignita dell’onorificenza di Cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica Italiana dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Negli anni l’associazione è cresciuta, ha instaurato con le amministrazioni locali (di qualsiasi colore politico) un rapporto proficuo tanto che, solo nell’ultimo anno, ha firmato tre protocolli d’Intesa: con il Dipartimento di Tutela Ambientale, con l’Ufficio Decoro di Roma Capitale e con Ama (la municipalizzata di Roma che si occupa della raccolta dei rifiuti). Il motto è: “Possiamo essere il migliore alleato o il peggior incubo delle amministrazioni“.

Tra i tanti progetti attivi anche Retake Scuole, con il coinvolgimento degli studenti che riqualificano muri e giardini degli istituti, Retake Aziende, per integrare comportamenti virtuosi e competitività delle aziende, e Riciclo e Riuso, per mostrare ai cittadini che anche una scarpa dismessa può continuare ad avere un valore. Come? Se in buono stato, le scarpe usate vengono donate ai più bisognosi. Altrimenti diventano “materia prima seconda” per costruire terreni antiurto per parchi giochi o piste di atletica.

Infine le campagne #cambiagesto contro l’abbandono dei mozziconi di sigaretta e tanti progetti per mostrare concretamente che i romani non sono degli “zozzoni” ma anche tanto altro e che il modello, semplice e concreto, è facilmente replicabile in qualsiasi comune italiano. Perché “pubblico” non vuol dire “di nessuno” bensì “di tutti”.

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