Alla fine è successo. Dopo 12 anni il premier israeliano non è più Benjamin Netanyahu. Naftali Bennett da stasera è il 13esimo capo di governo. Una vittoria arrivata sul filo del rasoio ma per ora sufficiente: per il governo del cambiamento hanno infatti votato 60 deputati degli 8 partiti della nuova coalizione di centro, destra, sinistra e gli arabi di Raam, un esordio al potere. Contro 59, ovvero tutti i deputati della vecchia maggioranza che ha sostenuto Netanyahu. Uno solo, un deputato di Raam, è uscito dall’Aula al momento del voto e quindi si è astenuto. All’annuncio ufficiale da parte del nuovo presidente della Knesset, Miki Levy, nell’Aula è scoppiato un applauso e urla di felicità si sono levate da parte dei sostenitori del nuovo governo. Che l’aria fosse favorevole – nonostante le incertezze degli ultimi giorni – si è capito dalla nomina di Levy, un deputato di Lapid, che ha superato il candidato della destra, imponendosi come nuovo leader. Il governo – che si basa sulla rotazione tra Bennett e Lapid nella carica di primo ministro – ha già giurato.

Un’opposizione scatenata ha interrotto Bennett per tutto il suo discorso e Netanyahu lo ha persino deriso annunciandogli che “abbatterà al più presto” questo esecutivo “pericoloso”. Il nuovo premier ha mostrato nervi saldi mantenendosi calmo per oltre mezz’ora in mezzo a urla e schiamazzi. Ed ha perfettamente ritratto la situazione quando ha intimato all’opposizione di “fermare il caos”, promettendo che sarà lui a mettere “fine ad un terribile periodo di odio tra il popolo d’Israele“.

Un’atmosfera così incandescente che Yair Lapid, il leader centrista che secondo i patti raccoglierà il testimone di Bennett a fine agosto 2023, ha rinunciato a parlare: sarebbe stato, ha detto, del tutto inutile. A nulla peraltro è valso l’omaggio che lo stesso Bennett ha fatto in apertura di intervento al suo ex alleato e mentore politico Netanyahu, ringraziandolo per i servizi resi al Paese.
Anche l’Iran, il nemico numero uno, è stato oggetto di polemica, nonostante Bennett sia stato chiaro. Israele “non permetterà a Teheran di ottenere armi nucleari. Far rivivere l’accordo nucleare con l’Iran – ha detto – è un errore che renderà legittimo uno dei regimi più violenti del mondo. Israele mantiene tutta la sua completa libertà di azione”. “Sono impensierito da quello che ha appena detto Bennett – lo ha rintuzzato Netanyahu -. Di norma fa il contrario di quello che dice. Come con Lapid, con il quale aveva detto che non sarebbe mai andato”. Poi l’affondo quando ha messo in dubbio la capacità del nuovo esecutivo di resistere alle pressioni dell’amministrazione Usa di Biden: “In Iran oggi festeggiano. Comprendono che in Israele adesso ci sarà un governo debole ed ossequioso” verso gli Usa. “Nel momento in cui gli Stati Uniti torneranno all’accordo sul nucleare iraniano – ha proseguito – il futuro governo israeliano non autorizzerà nuove attività segrete in Iran. Non è degno di restare in carica nemmeno un giorno”. Ma la vittoria di Bennett sembra veramente aver dato inizio ad una nuova era: in piazza a Tel Aviv migliaia di persone hanno festeggiato per tutta la serata, mentre ieri duemila manifestanti si erano radunati davanti alla residenza di Netanyahu a Gerusalemme cantando Bibi Ciaa sulle note di Bella Ciao.

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