Matteo Salvini vuole subito arrivare al partito unico di Lega e Forza Italia. L’idea di una federazione, benedetta venerdì da Silvio Berlusconi, incontra però i no delle tante voci azzurre contrarie al progetto. Prima fra tutte quella di Mariastella Gelmini, che è tornata a ribadire come non si possa “prescindere dal ruolo centrale di una forza liberale, moderata ed europeista”. Anche Giovanni Toti, leader di Coraggio Italia e presidente della Regione Liguria, si è tirato fuori dal progetto Antonio Tajani, coordinatore nazionale di Forza Italia, ha cercato di tranquillizzare i suoi: “Nessuna fusione e nessun partito unico” ma un “coordinamento” tra i partiti di centrodestra per “contrastare” meglio il peso di Pd-M5s.

Salvini preme sull’acceleratore e propone di organizzare un primo incontro già nella settimana entrante, nel timore che le voci tra gli “azzurri” contrarie al progetto prevalgano definitivamente su quelle favorevoli. Il leader della Lega ha rivolto un “invito” a tutti i gruppi parlamentari del “centrodestra al governo” – e quindi Lega, Fi, Coraggio Italia, Noi con l’Italia e Udc – a incontrarsi a metà settimana. Al tavolo tutti i presenti godrebbero “di pari dignità“, quindi senza tentazioni egemoniche da parte del soggetto più forte, ovvero il Carroccio. L’obiettivo della federazione dei gruppi sarebbe quello di “rafforzare il lavoro di Draghi in Italia e in Europa”. Il riferimento all’Europa serve a confermare la tesi del leader della Lega sulla necessità di una alleanza in sede Ue tra il Ppe e i partiti conservatori, identitari e sovranisti. Un obiettivo complicato visto che appena martedì Armin Laschet, il candidato premier della Cdu (azionista di maggioranza del Ppe) ha affermato di non aver intenzione di “collaborare a nessun livello” con Afd, il partito sovranista tedesco.

Rimane tuttavia il palcoscenico italiano, dopo l’apertura di Berlusconi venerdì. Diversi esponenti importanti di Fi, plaudono al via libera del loro leader, e Giorgio Mulè invita a “fidarsi delle sue intuizioni”. Ma c’è anche il fronte del no, guidato dalle ministre Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini. “Io sono per un centrodestra sicuramente unito – ha ribadito quest’ultima – ma plurale. Credo non sia possibile prescindere dal ruolo centrale di una forza liberale, moderata ed europeista che, assieme alla Lega, disegna un centrodestra ampio che si candida a vincere”. La ministra a margine del suo intervento al Festival dell’Economia di Trento ha spiegato che è “giusto confrontarsi per il dialogo”, ma per le varie componenti politiche il ruolo va “accentuato e non annacquato in una federazione”.

“Nessuna fusione, nessun partito unico e il simbolo di FI resta. Noi puntiamo a raccordare meglio il lavoro parlamentare per fare da contraltare al Pd e al M5s che tentano sempre delle svolte a sinistra e noi invece siamo liberali e non vogliamo lo statalismo”, ha spiegato Tajani, intervistato al Tg4. “Gli organismi del partito poi decideranno, l’obiettivo di Berlusconi in futuro è un centrodestra ampio che guardi anche a Fratelli d’Italia“, ha aggiunto. A dar voce ai dubbi è pero anche Gianfranco Rotondi che si domanda cosa ci guadagnino Fi e Berlusconi: questi, portando in dote il partito alla Lega ne “ricaverebbe un finale più fausto della sua avventura politica”, vale a dire l’elezione al Quirinale. Ma, osserva l’esperto parlamentare, gli eletti di Fi rischierebbero di non tornare in Parlamento visto che Salvini “è interessato agli elettori di Berlusconi e non agli eletti“.

Come osserva Osvaldo Napoli, tra i transfughi di Fi in Coraggio Italia, molto dipenderà dalla legge elettorale, se cioè rimarrà il Rosatellum con una parte maggioritaria o si approderà ad un proporzionale con soglia alta. In entrambe gli scenari lo “spostamento a destra” di Fi lascia lo spazio al centro a Coraggio Italia che si tira fuori dalla proposta Salvini: “Noi – hanno affermato Toti, Luigi Brugnaro e Marco Marin – siamo saldamente nel centrodestra, crediamo però che la pluralità della nostra coalizione sia una ricchezza, di più che la competizione positiva interna al centrodestra sia un ulteriore elemento di forza“. Una competizione interna destinata a misurarsi con il rapporto con il governo Draghi, a cui tutti per ora giurano sostegno.

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