Per la prima volta dall’inizio della pandemia da marzo 2020, il Regno Unito registra zero vittime per Covid-19. Nel Paese, dove durante l’ultimo lockdown è stata avviata la campagna vaccinale di massa che ha segnato il record in Europa, nelle ultime 24 ore sono stati registrati 3.165 nuovi contagi, rispetto ai 3.383 di lunedì e ai 2.493 di una settimana fa, a causa dell’aumento delle infezioni derivanti dalla variante indiana. Finora le vittime del Covid in Gran Bretagna sono state 128mila e a oggi sono state somministrate 65.211.877 doci di vaccino, di cui 39.477.158 prime dosi e 25.734.719 seconde dosi.

Il dibattito sulla revoca totale delle restrizioni – Gli ultimi dati giungono mentre nel Regno Unito è in corso un dibattito sull’opportunità di revocare, come previsto, tutte le misure restrittive a partire dal 21 giugno. Gli esperti sono preoccupati dall’insorgenza della variante indiana e dal rischio al quale potrebbero andare incontro i non vaccinati e coloro che ancora non hanno completato il ciclo di vaccinazioni. La British Medical Association (Bma), principale organizzazione sindacale dei medici britannici, ha in ogni modo sollecitato in queste ore formalmente il governo Tory a rinviare la scadenza 21 giugno, nel rispetto dell’impegno a privilegiare “i dati sulle date”, e a moltiplicare ancora nel frattempo l’inoculazione delle seconde dosi. Anche se fra gli esperti e i consulenti scientifici dell’esecutivo i pareri non sono unanimi.

I dubbi degli esperti – Il professor Adam Finn, virologo e specialista dei vaccini, ha avvertito oggi che il successo e la rapidità della campagna vaccinale nel Regno non devono dare un senso di eccesiva di sicurezza, tenuto conto che non tutta la popolazione è stata ancora interamente vaccinata, né far credere che “la battaglia contro il Covid sia già vinta”; mentre il professor Robert Dingwall, sociologo e studioso di comportamenti collettivi, ha detto a Radio Times che i dati non giustificano al momento un rinvio della scadenza del 21 giugno: il cui mancato rispetto – ha aggiunto – sarebbe destinato ad apparire a molte persone come un tradimento delle promesse e a generare “ansie immotivate”, dannose per la salute.

Il professore Mark Walport, consigliere scientifico capo dei due esecutivi precedenti, ha da parte sua sottolineato come il Paese sia di fronte a “un momento pericoloso” e a decisioni “cruciali“. Ma ha difeso la decisione del governo Johnson – sotto pressione anche per le pesanti accuse di cattiva gestione delle precedenti fasi della pandemia, rilanciate di recente dall’ex eminenza grigia di Downing Street, Dominic Cummings – di riservarsi un’indicazione finale il 14 giugno come “finemente equilibrata” dinanzi alla variante indiana. Variante che sta sì diventando “dominante”, ha notato, e che ha fatto ri-aumentare i contagi, ma solo di poco in cifra assoluta: e per ora, grazie a quanto pare ai vaccini, senza produrre un impatto altrettanto allarmante sui ricoveri in ospedale che “continuano caso mai a calare”.

La prudenza della Scozia – La Scozia frena “leggermente”, secondo le parole della first minster locale, Nicola Sturgeon, nel suo percorso di uscita dal lockdown anti Covid previsto in origine con qualche settimana di anticipo rispetto a quanto stabilito dal governo centrale britannico di Boris Johnson per l’Inghilterra, la maggiore nazione del Regno Unito, e in generale sugli altri territori dell’isola.
In base a quanto annunciato oggi da Sturgeon, 13 contee scozzese rimarranno per le prossime settimane al livello di allerta 2 (simile all’allerta gialla in Italia) invece di passare come previsto al livello 1 come altre aree all’estremo nord e all’estremo sud della nazione; mentre solo per le remote e poco abitate isola Orcadi e Shetland scatterà il livello zero. Sturgeon ha peraltro confermato il passaggio da venerdì dal livello 3 al livello 2 della popolosa area urbana di Glasgow, la più minacciata dalla variante Gamma in queste settimane, a testimonianza di un certo ridimensionamento parziale dell’allarme.

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