Dopo il vertice a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio, considerato non risolutivo da Cgil, Cisl e Uil (nonostante il “primo risultato” rivendicato con l’annunciato stralcio del criterio del massimo ribasso nel decreto Semplificazioni, ndr), in attesa del Consiglio dei ministri, i sindacati sono tornati in piazza, di fronte alla Camera dei deputati, per protestare per la mancata proroga del blocco dei licenziamenti, per il rischio liberalizzazione sui subappalti, chiedendo anche risposte sulle tante vertenze ancora aperte al Mise (dall’ex Ilva al dossier Alitalia, a Whirlpool e non solo, ndr), così come maggiori interventi per garantire la sicurezza sul lavoro.
Il confronto tra esecutivo e sindacati resta teso, anche perché, insiste il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, sul blocco dei licenziamenti i sindacati non intendono arrendersi alla linea scelta dal governo: “La partita non è chiusa, al governo abbiamo chiesto che si possa riaprire un confronto”. E ancora: “Anche a Confindustria ribadiamo che per noi il primo luglio non può essere il giorno in cui partono i licenziamenti. Se dovessero non cambiare la norma, diciamo che non siamo disposti ad accettare passivamente, a subire i licenziamenti”, ha continuato Landini. La trattativa resta aperta, così, almeno per ora, lo sciopero generale minacciato dai sindacati sembra ancora lontano: “Valuteremo tutte le iniziative, ma ora puntiamo a mantenere aperta la mobilitazione per cambiare le norme”, spiegano i sindacati.
“Non c’è un’ “ora x” entro la quale la trattativa rischia di interrompersi, anche perché il governo ha una serie di impegni e dossier aperti, abbiamo chiesto risposte su assunzioni, riforma fiscale e degli ammortizzatori sociali. Valuteremo quali saranno le scelte dell’esecutivo”, ha continuato Landini. “Non è il momento di furori ideologici o iniziative fine a se stesse. Chiediamo una modifica al decreto Sostegni bis”, ha spiegato pure il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, in merito allo sciopero già evocato. Dai sindacati, intanto, la pressione per cambiare le norme è diretta a tutto l’arco parlamentare: “Nei prossimi giorni incontreremo tutti i gruppi parlamentari, perché oggi è il momento che ognuno si assuma le proprie responsabilità. Le chiacchiere sono finite”, ha attaccato Landini, che come ieri ha rilanciato la proposta relativa ai lavoratori in subappalto: “L’appaltatore deve essere responsabile in solido di quello che succede a tutti i dipendenti“.
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