Louisiana, 2019. Un uomo di 49 anni, Ronald Greene, afroamericano e disarmato, è alla guida del suo Suv. Sfreccia a 180 chilometri orari sulla statale nei sobborghi della città di Monroe, ma non si ferma dopo l’alt per un’infrazione alle norme del traffico. Viene quindi speronato dalla polizia. Gli agenti cercano di arrestarlo, e per immobilizzarlo dentro al mezzo lo colpiscono con un taser. Lo buttano faccia a terra, prendendolo a calci e pugni. Poi lo ammanettano, lo trascinano per le gambe. Lui è sanguinante e agonizzante, privo di sensi. Viene abbandonato a pancia in giù sull’asfalto. E lì è dove morirà, perché la corsa in ospedale sarà inutile. “I’m scared!… I’m scared!”, ho paura, sono le sue ultime parole, immortalate da un video che sconvolge di nuovo l’America, a poche settimane dalla condanna di Derek Chauvin, il poliziotto responsabile dell’omicidio di George Floyd, anche lui afroamericano, morto soffocato sotto il suo ginocchio.

Lo scenario è quello della Louisiana, lo Stato del sud degli Usa con alle spalle una triste storia di razzismo e di linciaggi e le immagini risalgono alla notte del 10 maggio del 2019, riprese dalla body cam di uno dei sei agenti della polizia statale intervenuti dopo un inseguimento ad alta velocità vicino al confine con l’Arkansas. Una clip di circa 46 minuti in cui si vede il Suv di Greene. Una volta speronato dall’auto della polizia, Greene viene prima intontito dentro la sua vettura con una scarica di taser, poi fatto scendere.

“Mi dispiace, mi dispiace….”, si sente dire il 49enne mentre viene sbattuto faccia a terra. Lì, in una situazione convulsa in cui gli agenti tentano di ammanettarlo, parte il massacro. Greene viene insultato e picchiato a sangue. Poi, una volta in manette, per nove minuti l’uomo viene lasciato agonizzante con il volto sull’asfalto, incustodito, senza che nessuno gli presti assistenza. Nove lunghissimi minuti che potrebbero essersi rivelati fatali. “Spero che questo figlio di puttana non abbia l’Aids“, si sente intanto dire uno degli agenti mentre con un fazzoletto si pulisce le mani sporche di sangue.

Per due anni le autorità si sono rifiutate di rendere pubbliche le immagini, ma ora è stata l’Associated Press ad ottenerle e a diffonderle. “Una pubblicazione prematura che rischia di inficiare le indagini in corso”, lamentano i vertici della polizia della Lousiana. Peccato che a suo tempo per aprire questa indagine ci sono voluti ben 474 giorni, e che per mesi la versione ufficiale fu che Greene era morto schiantandosi col suo Suv contro un albero. Un tentativo di copertura e di insabbiamento ora definitivamente smascherato.

“Lo hanno assassinato, Ronnie non ha avuto scampo”, è il grido di dolore della madre di Greene, mentre i legali di famiglia mettono in evidenza le molte similitudini con il caso di George Floyd. In corso c’è un’indagine federale per verificare l’esistenza di una violazione dei diritti civili. Ma alla luce della pubblicazione del video è probabile che la vicenda vada avanti anche dal punto di vista penale. Finora l’unica sanzione comminata è stata la sospensione di 50 ore dal servizio per uno degli agenti, Kory York, quello che trascinò per le gambe il corpo di Greene e che disattivò la sua body cam. Dei due agenti che hanno inseguito Greene e maggiormente coinvolti nelle violenze, il capo pattuglia Chris Hollingsworth è morto mesi fa in un incidente d’auto ore dopo aver appreso che sarebbe stato licenziato. L’agente Dakota DeMoss è invece stato arrestato in connessione con un altro caso, accusato insieme ad altri due poliziotti di uso eccessivo della forza nei confronti di un automobilista.

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