Una mega piattaforma di pale eoliche che galleggia al largo delle isole Egadi. Addirittura la più grande d’Europa, per rifornire di energia il Paese, contribuire alla decarbonizzazione e che, manco a dirlo, darà lavoro ai siciliani. Ha un’ambizione altissima il progetto, Medwind Italia (mediterranean wind) presentato lo scorso novembre da Renexia, società della Toto Holding e che proprio in questi giorni sta attivando le misurazioni in mare al largo della Sicilia. Un’ambizione green che piace pure agli ambientalisti ma che non manca di scatenare reazioni avverse: interrogazioni all’europarlamento, pareri negativi dei comuni, raccolta di firme di comitati nati spontaneamente sul territorio. Un fronte di contrari, che vede in prima fila i pescatori. Temono, non senza argomenti, di venire defraudati: “È stata fornita una documentazione inadeguata, vorremmo i dati sulla base dei quali hanno fornito stime e previsioni. Mi pare si sia sottostimato innanzitutto la capacità delle comunità locali di entrare nel merito”, dice Gioacchino Fazio, professore di Economia all’università di Palermo e coordinatore dell’Osservatorio della Pesca, che ha redatto uno studio sul progetto di Renexia con deduzioni molto diverse dai numeri del progetto.

Il progetto in sintesi – Si tratta di un impianto eolico che coprirà un enorme spazio d’acqua (18 milioni di metri quadrati di mare), al largo delle Egadi (60 km dalla costa siciliana, 30 da Marettimo), dove verrebbero installate pale eoliche galleggianti (190 aerogeneratori) su piattaforme ancorate sul fondale. Da qui partirebbero i cavi per trasportare l’energia prodotta dal vento fino in Campania (700 km, di cui 200 dalle Egadi a Termini Imerese, gli altri 500 fino alla Stazione di Montecorvino Rovella in provincia di Salerno). E dalla Campania si allaccerebbe poi alla rete energetica nazionale. Un progetto di 9 miliardi, più 100 milioni l’anno per la manutenzione, da realizzare in 7 anni che porterà 700 posti di lavoro stabili e 40mila “a vario titolo e nelle varie forme, saranno resi disponibili tra diretti indiretti e indotto – rispondono dalla Toto Holding -. Il Parco fornirà energia a 3 milioni e mezzo di famiglie. E l’energia è prodotta in modo pulito e sostenibile”. Renexia ha già presentato richiesta di concessione del demanio marittimo alla Capitaneria di porto di Trapani, lo scorso novembre, mentre il progetto, ancora in fase preliminare, è stato presentato al Ministero della transizione ecologica. Ma manca ancora la valutazione di impatto ambientale, e proprio in questi giorni la società avvierà “l’installazione di una Boa (flidar) che consentirà le misurazioni necessarie sia per confermare la risorsa vento che per confermare tutti i parametri legati all’ecosistema. Inoltre nella prima metà di maggio partiranno le attività di rilievi geofisici (survey) con apposite navi che avranno una durata di oltre 6 mesi”, spiegano al fattoquotidiano.it dalla Toto Holding.

Il sì degli ambientalisti. Il No dei sindaci – Il progetto ha incassato il plauso degli ambientalisti, con tanto di nota sottoscritta sia da Legambiente che dal Wwf e da Greenpeace: “Non si può andare avanti dicendo No a tutto”, sottolinea Gianfranco Zanna di Legambiente Sicilia. “Voglio sapere – aggiunge – da tutti questi scienziati che sparano a zero, siamo tutti a dire dobbiamo rispettare accordo di Parigi, benissimo, ma l’energia dove la prendiamo? Come lo salviamo il pianeta? Come li aiutiamo a casa loro?”.

Mentre gli ambientalisti alzano la voce, però, i dubbi vengono da più parti. Gli europarlamentari dei Verdi (ex M5s) Ignazio Corrao, Piernicola Pedicini e Rosa D’Amato, hanno presentato un’interrogazione per chiedere alla Commissione europea come intenda “garantire la sostenibilità degli impianti eolici offshore che si stanno diffondendo in Europa”, e quali saranno “le giuste compensazioni alle comunità locali”. Mentre è nata una petizione su secure.avaz.org promossa dall’associazione Egadà, nata da un gruppo di giovani tornati a vivere alle Egadi, e molti comuni del trapanese hanno sottoscritto un documento in cui si dicono contrari: “Le Egadi sono alimentate con tre centrali a gasolio: in che modo quest’energia eolica che parte da qui, arriverà a noi?”, chiede Francesco Forgione, sindaco di Favignana. E continua: “Stiamo parlando di un parco off shore che ha delle dimensioni che non esistono in tutto il bacino del Mediterraneo e che sebbene non insista nel nostro bacino di mare, per le dimensioni che ha e per il numero di pale necessariamente condizionerà il nostro ambiente: non solo avrà un forte impatto nel comparto della pesca ma condizionerà tutte le rotte, sia quelle civili che quelle commerciali, sia verso la Tunisia che verso le nostre coste”.

Per la Toto Holding, però, non ci sarà alcun conflitto nelle rotte, perché i pali sono a una distanza di 3,5 km l’uno dall’altro. “Una risposta di chi non ha idea di come si stia in mare, le navi dovranno cambiare rotta per forza”, ribatte Giacomo Tranchida sindaco di Trapani. “Sono cose che non si dicono ma si dimostrano: non ci sono studi sulle rotte. Non si agisce per fede”, sottolinea, invece Fazio. Intanto, il progetto è di fatto in una fase preliminare, per questo entrambi i sindaci sottolineano: “Non c’è nessuna preclusione, stiamo chiedendo soltanto dei chiarimenti”.

I benefici ambientali e il risparmio energetico: le risposte della Toto Holding – E la società non sembra volersi sottrarre. Risponde all’interrogazione dei parlamentari europei e anche alle domande del fattoquotidiano: “Il distanziamento delle turbine eoliche è stato studiato per evitare impatto negativo sulle attività di pesca, facendo riferimento all’esperienza dei progetti realizzati in Nord Europa”. Ma quali sono nello specifico i benefici ambientali che porterà l’impianto? “Si tratta di un significativo contributo al raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale di Energia e Clima (Pniec) – rispondono dall’ufficio stampa della Toto Holding – offrendo un importante contributo sul fronte della decarbonizzazione e su quello della lotta ai cambiamenti climatici. Le più importanti associazioni ambientaliste hanno valutato positivamente il progetto”. In che modo il costo dell’energia per la Sicilia diminuirà? “Il costo dell’energia elettrica in Sicilia (cosiddetto prezzo zonale) è largamente superiore alla media italiana definita dal cosiddetto Prezzo Unico Nazionale (Pun), ed è evidente che l’effetto di un nuovo impianto, che già con la prima sezione di 1.000 Mw sostanzialmente rende autosufficiente la Sicilia, non può che avere effetti positivi”. Benefici sì, impatto ambientale no: “La speciale tecnologia utilizzata (floating) è studiata per non avere impatti ambientali importanti al fine di non interferire in alcun modo con le specie marine, con la rotta dei cetacei e con quella degli uccelli migratori. Le pale saranno ancorate, ma non fissate nel fondale. Il progetto nasce nella piena tutela dell’ecosistema, della biodiversità e delle specie animali e marine”. E ancora: “L’opera è stata pensata, studiata e definita per non interferire in alcun modo nelle attività turistiche, produttive e commerciali – assicurano -. La scelta di lasciare quasi 4 Km tra una pala e l’altra nasce proprio da questa volontà. La struttura non ostacola, evidentemente, né il passaggio di imbarcazioni, né tantomeno di specie marine e non interferisce nelle rotte migratorie degli uccelli”.

I dati che non convincono gli esperti – Il professor Fazio, però, non è d’accordo. “Prendiamo ad esempio, i cetacei: per dire che non ci sarà impatto ci vuole uno studio di almeno un anno. Così anche per le rotte”, dice il coordinatore dell’Osservatorio della Pesca. E ribadisca: “Non ci si può rivolgere alle comunità locali con queste informazioni, stiamo parlando di un progetto di grande portata che merita studi più approfonditi di quelli forniti finora che non supportano, lo ripeto, i dati che divulgano”. E spiega le deduzioni del suo contro studio: “Riteniamo che le loro stime siano errate: il costo di 9 miliardi è sottostimato, noi ne prevediamo 13. Non riteniamo inoltre che le risorse eoliche in questo spazio di mare siano tali da giustificare le stime: sono inferiori a quelle del mare del Nord dove il vento è più potente. Riteniamo in definitiva che il progetto non sia sostenibile, di conseguenza anche la stima sui posti di lavoro non è da noi condivisibile. Stiamo parlando d’altronde di uno studio di Deloitte e Luiss proposto in power point in maniera sintetica. Non voglio dire che sia fumo negli occhi ma non ci sono documenti a supporto di quel che sostengono”.

E il settore pesca non ci sta – “Il problema non è l’eolico offshore, non c’è dubbio che assieme a tante altre energie rinnovabili è un’alternativa, il problema è la localizzazione e la dimensione”, dice invece subito Giovanni Basciano, responsabile pesca Agci Sicilia. Ma perché dimensione e localizzazione sono un problema? “Partiamo dal fatto che la costa siciliana è la più importante: copre tra il 20 e il 25 per cento di tutta la pesca nazionale. E non parliamo solo dei pescatori ma di tutta la filiera che va a seguire, e che anche in questo caso vede le migliori performance nazionali. Detto questo, stiamo parlando di uno stretto di mare che va tra Capo Bon e la Sicilia, se qui occupi 18 milioni di mq di mare, vai a stringere ulteriormente quello spazio, occupando quasi tutta la metà italiana di quello Stretto, significa costringere tutto lo spazio navale verso la costa tunisina. Ad ogni modo quando ci sarà uno studio sull’impatto ambientale e quello economico ne riparliamo. Perché hanno detto quanta gente lavorerà per realizzare l’impianto, ma non hanno detto quanta gente perderà il lavoro, ovvero quanto impatta sull’attuale economia?”. Su quest’ultimo punto, dalla Toto Holding hanno confermato di non avere dati, ma è ancora tutto in itinere: “In Sicilia, stiamo valutando quali siano le scelte migliori – hanno risposto al fattoquotidiano.it via mail – utili ad evitare qualsiasi limitazione alle loro attività e siamo pronti ad aprire un tavolo di confronto non appena le associazioni lo riterranno opportuno e comunque durante l’elaborazione dello studio di impatto ambientale”.

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