Proseguono gli studi sul vaccino AstraZeneca, sviluppato dall’università di Oxford, e l’induzione dopo la somministrazione di trombosi e contemporaneamente di una carenza di piastrine come ipotizzata dai ricercatori tedeschi. Una nuova analisi dimostra che il composto, a vettore virale, può dare effettivamente problemi di coagulazione, ma i casi sono pochissimi e comunque il rapporto tra rischi e benefici rimane abbondantemente a favore dei secondi. Lo studio è pubblicato dalla rivista Bmj.

Nella ricerca sono stati analizzati i dati di 280,000 persone tra i 18 e i 65 anni vaccinate con una dose nei due paesi, che hanno sospeso l’uso del vaccino a metà marzo. Utilizzando i registri nazionali sono stati verificati i tassi di eventi avversi come infarti, ictus, e problemi di coagulazione entro 28 giorni dall’inoculazione.

Nel campione considerato si sono verificati 59 casi di trombi contro i 30 attesi nella popolazione generale, che corrispondono a 11 eventi in eccesso ogni 100mila vaccinazione. Per quanto riguarda il tasso di trombosi cerebrali il tasso è risultato di 2,5 ogni 100mila inoculazioni, più alto del normale ma comunque considerato molto basso. “Il rischio assoluto di eventi tromboembolici che emerge da questo studio è piccolo – concludono gli autori -, e i risultati devono essere interpretati nel contesto dei benefici della vaccinazione sia a livello individuale che comunitario”.

I risultati, commenta sempre sulla rivista Paul Hunter, University of East Anglia, non dovrebbero far cambiare le decisioni regolatorie sul vaccino. “I paesi che hanno ritardato i programmi di vaccinazione in tempi di alta trasmissione evitando di usare il vaccino AstraZeneca – scrive – dovrebbero sapere che questa decisione ha contribuito ad aumentare il numero di morti evitabili per Covid“.

Lo studio sul British Medical Journal

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