In Puglia ora è consentito per legge entrare nel reparto di terapia intensiva per poter essere vicino ad un parente ricoverato in condizioni critiche per Covid. Nessuna discrezionalità, nessuna possibilità dipendente da questa o quella struttura. Si può perché lo prevede la legge che il Consiglio regionale ha approvato, all’unanimità, martedì. L’iter ha saltato tutti gli steccati della burocrazia: venerdì 30 aprile la proposta è approdata nella commissione competente, quattro giorni dopo è stata licenziata dall’Aula. “È un segno di civiltà e umanità”, si è detto. Ma l’approdo in commissione non è stato esente da ostacoli: il proponente della legge, Antonio Tutolo, aveva protestato più volte per sollecitare la discussione del suo testo. Il giorno di Pasquetta lo aveva trascorso davanti alla sede del Consiglio regionale, dove è arrivato, nei giorni successivi, persino ad incatenarsi ai cancelli. E anche la seduta dell’assise è stata semplice.

Ma alla fine l’obiettivo è stato raggiunto. La legge, in sintesi, introduce il “documento di umanità” che i direttori responsabili dei reparti devono adottare per consentire l’ingresso ai visitatori. “Entro i limiti del possibile”, ha chiarito l’assessore alla Salute, Pierluigi Lopalco, esprimendo il parere positivo del governo. “I limiti del possibile” sono le condizioni stesse del paziente e quelle degli altri degenti. Perché è consentito a un visitatore per volta l’ingresso se il parente è sì in condizioni critiche ma “comunque in tempo per assicurare la partecipazione attiva agli incontri”. Significa che se il paziente è sedato la visita non è prevista o, comunque, non scontata. Il fine ultimo, infatti, è il benessere psicologico anzitutto del degente che, ricevendo la visita della sua famiglia, può essere aiutato nel momento più difficile della lotta contro il virus.

Il documento stabilisce i protocolli per la vestizione e la svestizione dai dispositivi di protezione, la presenza di un operatore sanitario per tutta la durata della visita che deve essere stabilita nei tempi e negli orari, garanzie di riservatezza per sé e per gli altri degenti e misure ulteriori di sicurezza se il parente ammesso all’incontro è affetto da Covid. Gli incontri, è sempre specificato, possono essere autorizzati se richiesti dalla famiglia ma possono anche essere sollecitati dal direttore del reparto se ritiene possano esserci chiari benefici per il paziente. La Puglia è la prima Regione che norma la materia, anche se altrove questa opportunità è offerta grazie alle iniziative delle singole strutture o delle aziende sanitarie a cui fanno capo, con la Toscana che sta portando avanti un progetto pilota all’interno di un quadro normativo regionale.

Ciò che ha spinto i consiglieri regionali a legiferare su questo tema sono le tante lettere scritte da chi ha vissuto sulla propria pelle il dolore del distacco, ancora più innaturale in una situazione in cui si è privati di ogni contatto, anche l’ultimo. “Questa lettera vuole essere una testimonianza diretta affinché nessun figlio e nessuna famiglia possa più provare il dolore, la rabbia e i rimpianti che tormentano noi”: così comincia la lettera che il consigliere Tutolo ha scelto di leggere in aula. “Papà è andato via con il pigiama e le ciabatte e non è più tornato. Gli avevamo preparato un piccolo bagaglio con gli effetti personali, ma invano, perché ci è stato detto che non poteva uscire nulla da una casa infetta”, prosegue la lettera.

“Ma poi è andato via alle 9.30 del 1° aprile, e da lì si sono succeduti tredici giorni d’inferno. Nessuna informazione sul luogo del ricovero, nessuna informazione sul decorso della malattia, nessuna indicazione degli orari in cui poter parlare con i medici, nessuna risposta alle telefonate tentate a tutte le ore ai vari reparti, nessuna indicazione su dove e quando avremmo potuto fargli recapitare le sue cose – si legge ancora – Tante le domande senza risposta: sarà ancora al pronto soccorso? Lo avranno già ricoverato? In quale ospedale lo destinano? A quale reparto lo assegnano? Le uniche notizie pervenuteci arrivano dal cellulare di mio padre, che il primo giorno è stato in grado di parlare e di dirci dove era stato trasferito, poi niente più”. Lettere come queste ne sono arriva tante agli eletti pugliesi. Tutte chiedevano anche un’altra cosa: consentire anche di poter dire addio al proprio caro, di vederlo per un’ultima volta. Ma nonostante una lunga discussione, hanno prevalso i dubbi. “Cosa resta? – è scritto a conclusione della lettera letta in aula – Poter seguire il funerale di tuo padre in videochiamata, ma siccome il dolore è troppo da togliere il coraggio di farlo, abbiamo chiesto ai nostri cugini di registrare un video che forse un giorno, chissà, troveremo la forza di guardare”.

Articolo Precedente

Osservatorio nazionale autismo: è nato il portale online con mappa dei servizi. E per la prima volta ci sono Linee guida per gli adulti

next
Articolo Successivo

Ancora niente vaccino per mia moglie, malata di Alzheimer da 18 anni: non so più cosa fare

next