Ci sono tre nuovi testimoni che hanno deciso di fornire ulteriori particolari sull’arresto, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni. E il loro racconto, contenuto nei nuovi atti depositati dalla Procura di Roma in vista dell’udienza preliminare, fissata per il 29 aprile, a carico dei quattro membri della National Security, il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, in cui si dovrà vagliare la richiesta di processo, contraddice quello che già è stato definito un depistaggio dal Procuratore capo Michele Prestipino e dal pm Sergio Colaiocco, ma che le autorità egiziane continuano a vendere come la principale pista d’indagine: l’assassinio commesso da una banda di rapinatori che, qualche settimana dopo, sono stati tutti uccisi in un presunto scontro a fuoco con la polizia del Cairo.

I tre nuovi testi hanno dichiarato agli inquirenti che i servizi segreti egiziani erano a conoscenza della morte di Regeni almeno dal 2 febbraio, un giorno prima che il suo corpo venisse abbandonato lungo la strada che collega Il Cairo ad Alessandria e che per deviare l’attenzione da loro “inscenarono una rapina finita male”. Un piano che avrebbe dovuto trovare la sua definitiva attuazione quasi due mesi dopo, alla fine di marzo, quando la polizia comunicò l’uccisione in uno scontro a fuoco dei cinque membri della banda di rapinatori, con alcuni effetti personali del ricercatore di Fiumicello che sono poi stati ritrovati all’interno dell’abitazione di uno di loro.

Ma uno dei tre nuovi testimoni, che ha raccontato di essere diventato amico di Mohammed Abdallah, il capo del sindacato indipendente degli ambulanti del Cairo che ha venduto Regeni ai servizi egiziani, ha spiegato che il 2 febbraio del 2016 era insieme al sindacalista: “Ho notato che era palesemente spaventato – ha detto agli investigatori italiani – Lui mi ha spiegato che Giulio Regeni era morto e che quella mattina era nell’ufficio del commissariato di Dokki in compagnia di un ufficiale di polizia che lui chiamava Uhsam (Helmi, uno dei quattro agenti della National Security imputati, ndr) quando quest’ultimo aveva ricevuto la notizia della morte e che la soluzione per deviare l’attenzione da loro era quella di inscenare una rapina finita male”.

In vista dell’udienza del gup, i pm contestano ai quattro imputati i reati, a vario titolo, di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. Nelle ultime settimane, si apprende, sono ben dieci le persone in Egitto che si sono fatte avanti con gli inquirenti affermando di avere notizie sul caso Regeni, ma di questi solo tre sono state ritenute attendibili. I “dati probatori apportano nuovi elementi conoscitivi su fatti già acquisiti”, si apprende da fonti giudiziarie. In base a quanto era emerso nell’atto di chiusura delle indagini, il 10 dicembre scorso, cinque testimoni avevano fornito spezzoni di “verità ” su quanto avvenuto al Cairo. Secondo i testi il torturatore di Giulio fu il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Fu lui, insieme a soggetti rimasti ignoti, a portare avanti per almeno nove giorni le sevizie avvenute in una villetta in uso ai servizi segreti, nella periferia della capitale egiziana.

Articolo Precedente

Fondi Lega, Regione Lombardia non si costituirà parte civile nei processi sul caso Film Commission

next
Articolo Successivo

Csm, Maria Tiziana Balduini eletta consigliera: le donne a Palazzo dei Marescialli salgono a sette. Mai così tante

next