Per evitare il trasferimento d’ufficio, il presidente del tribunale di Trento Guglielmo Avolio aveva giocato in extremis due carte. Aveva annunciato la richiesta di pensionamento, dopo oltre 40 anni di carriera con la toga, e aveva dato disponibilità al trasferimento ad altra sede, riservandosi solo di indicare quale dopo aver saputo quelle disponibili. Tuttavia il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura ha ritenuto di non rinviare la decisione, accogliendo con 21 voti a favore e 3 astenuti la richiesta della Prima commissione secondo cui il magistrato “non può più esercitare, in piena indipendenza e imparzialità, le funzioni giudiziarie di presidente del tribunale e di ogni altra funzione giudiziaria nel distretto della Corte d’appello di Trento”. I consiglieri di Palazzo dei Marescialli che hanno ricostruito il caso di Avolio, esploso dopo la pubblicazione di una serie di intercettazioni nell’ambito di due inchieste per ‘ndrangheta, parlano nelle loro conclusioni di una condotta “opaca” e “inopportuna” del presidente, associata a una “disinvoltura e superficialità” nei rapporti sociali che lo “avrebbe fatto percepire sul territorio, a torto o a ragione, come una persona potenzialmente avvicinabile”. Severo il giudizio del consigliere Nino Di Matteo: “Ho provato indignazione e tristezza perché emerge un’assoluta mancanza di consapevolezza di ciò che può significare un procedimento del genere per ipotesi molto gravi”.

Il caso Avolio era esploso dopo una segnalazione della procura generale di Trento. La prima inchiesta, nel 2020, riguardava “un’ipotesi di riciclaggio aggravato dall’associazione mafiosa a carico dei titolari della nota azienda vinicola cooperativa Mezzacorona (in primis il presidente Luca Rigotti)” per l’acquisto di terreni in provincia di Ragusa che appartenevano ai cugini Antonino ed Ignazio Salvo (“e poi a loro prossimi congiunti e/o prestanomi”), morti molti anni fa e indicati come “esponenti di spicco della criminalità organizzata di stampo mafioso”. Avolio era amico di Rigotti e il tribunale si era occupato del ricorso contro un ingente sequestro di beni. Il presidente si era astenuto dall’udienza (che poi decise il dissequestro), ma non ne aveva dato comunicazione ufficiale e secondo il Csm ci furono anomalie nella costituzione del collegio. Da alcune telefonate erano emersi riferimenti a una ipotetica “regia” di Avolio nella scelta dei giudici. Lo stesso presidente, quando il dissequestro era stato deciso, aveva dato notizia su un gruppo WhatsApp di amici di Rigotti. La seconda inchiesta riguardava le frequentazioni di Avolio con l’imprenditore edile Giulio Carini, indagato per associazione mafiosa (‘ndrangheta) e abitante sul Lago di Garda. Il magistrato (assieme ad altre toghe e autorità trentine) aveva partecipato a cene organizzate da Carini, che aveva anche scherzato sui suoi guai con la giustizia. Ma Avolio aveva dichiarato di non aver sentito quelle frasi (“Se mi arrestate fatemi andare in una cella da solo”). “Alle cene venivano spesso il comandante dei carabinieri, il questore, il prefetto, il vecchio procuratore generale… non sapevo che Carini fosse indagato” aveva replicato Avolio.

La commissione del Csm, nonostante l’archiviazione di un’inchiesta penale su Avolio a Trieste per quei fatti, aveva così concluso: “Una certa disinvoltura e superficialità del dott. Avolio nei rapporti sociali… l’avrebbe fatto percepire sul territorio, a torto o a ragione, come una persona potenzialmente avvicinabile ed alla quale si potevano rivolgere richieste di vario genere”. E ancora: “Il dott. Avolio, nella gestione di tale procedimento (Cantine Mezzacorona, ndr), ha tenuto una condotta complessivamente opaca e malaccorta“. Infine: “La frequentazione con il Carini… costituisce un fatto volontario, incolpevole sul piano giuridico e che può però obiettivamente determinare un appannamento dell’immagine di imparzialità ed indipendenza”. Anche perché di quelle due indagini se ne dovrà occupare il tribunale. Il trasferimento è stato deciso praticamente all’unanimità, con 21 voti a favore e 3 astensioni.

La vicenda era scaturita da due inchieste penali per associazione a delinquere mafiosa e collusioni con la ‘ndrangheta, in cui emergevano da intercettazioni telefoniche e ambientali i nomi di alcuni magistrati trentini, a cominciare da quello di Avolio, per cene o incontri di amicizia con due indagati. In realtà le toghe finite nel mirino erano tre, ma per il giudice Roberto Beghini, che ha chiesto e ottenuto il trasferimento al tribunale di Padova, è stata accolta la richiesta di archiviazione formulata dalla stessa prima commissione. Invece una analoga richiesta di archiviazione della richiesta di trasferimento è stata respinta per il sostituto procuratore generale di Trento, Giuseppe De Benedetto. In questo caso si trattava di cene organizzate da Carini. La commissione aveva deciso per l’archiviazione a maggioranza, il plenum ha respinto con 12 voti, 6 consiglieri erano a favore dell’archiviazione, 5 si sono astenuti. Il caso di De Benedetto torna ora in Commissione. Il sostituto procuratore generale aveva negato di aver sentito le battute di Carini su un suo possibile arresto.

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