Non è piaciuta ai medici del Veneto la frase pronunciata dal governatore Luca Zaia durante l’ultima conferenza stampa sul Covid prima di Pasqua. “Stiamo dicendo da mesi che per fare iniezioni non serve una laurea. L’iniezione è un fatto meccanico, non dico che quando avremo i vaccini bisognerà andare dalla vicina a fare la puntura, ma quasi”. Così aveva detto Zaia a sostegno del tentativo di allargare la base dei “vaccinatori” per far decollare il piano regionale.

I sette Ordini dei medici del Veneto hanno scritto al governatore dandogli una lezione sulla corretta applicazione delle metodiche sanitarie. Prima il sarcasmo: “In fondo è assolutamente vero, nonne mamme e zie ci hanno tutti punturato da bambini… E ci saranno badanti autentiche spadaccine a maneggiare le siringhe… e cosa dire dei tatuatori e degli agopuntori che lavorano con gli aghi per professione?”. Poi la spiegazione che si può imparare a guidare anche senza patente, ma che per andare sulle strade la licenza è obbligatoria. E i vaccini? Altro che semplice azione meccanica: “La puntura in realtà è solo la parte temporale minimale di tutto il processo che si articola in cinque fasi”. Si comincia con “l’anamnesi o storia clinica del paziente, competenza esclusivamente medica”. Si prosegue con “l’acquisizione del consenso informato sul foglio prevaccinazione, anch’essa di esclusiva competenza medica, dopo adeguato colloquio”. Terza fase, preparazione e inoculazione “a carico di infermiere o medico”. C’è poi l’“osservazione del paziente per possibili eventi avversi per idiosincrasie, allergie, reazioni anomale, con eventuale ed adeguato intervento rianimatorio in casi estremi”. Infine, la “registrazione e consegna del certificato firmato da operatore sanitario abilitato”.

I medici dicono a Zaia: “Queste sono le regole della sanità, non le hanno scritte solo i medici ed hanno basi scientifiche e legali consolidate. Ci sono già 200mila medici e migliaia di infermieri in Italia e nel Veneto a disposizione per eseguire correttamente tutte le procedure sopra elencate, ma questo per lei sembra un dato senza importanza”. Conclusione al veleno: “Allo stato, quello che manca per mettere in sicurezza la popolazione sono i vaccini ed una adeguata ed efficiente organizzazione, non certo i vaccinatori”.

Filippo Anelli, Presidente di Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, mette in guardia: “No alla banalizzazione delle competenze. Infermieri, farmacisti, medici studiano anni per acquisirle, in maniera specifica e mirata per le professioni che andranno a esercitare. Forse – ed è tutto da discutere – non servirà una laurea per fare un’iniezione. Ma serve una laurea, a volte anche una specializzazione, per salvare, con cognizione di causa, una vita”. Anelli afferma di non voler invadere territori altrui, ma ribadire alcuni principi: “Nessuno vuole mettere in discussione le scelte politiche sull’applicazione del piano vaccinale; ma dovremmo farle utilizzando al meglio le risorse umane e le professionalità, un milione e mezzo di professionisti sanitari che si formano con studi universitari e che si iscrivono ai rispettivi Albi”. La proposta alternativa alle punture-fai-da te? “Cure fornite da team multiprofessionali, dove ogni professionista offre le proprie competenze, in sinergia con gli altri. A Zaia, a chi la pensa come lui, pur comprendendo e condividendo la buona intenzione di dare impulso alla campagna, vorrei ricordare che non avremo, per fortuna, bisogno di rivolgerci alla vicina: non sono i professionisti a scarseggiare, ma semmai le dosi di vaccino”.

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