Il consigliere regionale del Trentino-Alto Adige può usufruire di un rimborso spese chilometrico anche se segue le sedute online, ovvero con il computer dallo studio di casa? Teoricamente è possibile, alla luce del nuovo regolamento notificato ai settanta consiglieri delle Province autonome di Trento e di Bolzano. È stato il Corriere dell’Alto Adige a scoprire una mail notificata dalla segreteria della Regione, che ha come intestazione: “Nuovo modulo per la richiesta di rimborso spese esteso anche alle sedute telematiche”. Si tratta di un formulario per la richiesta dei rimborsi di viaggio anche per le videoconferenze. Un nuovo benefit a favore di rappresentanti delle istituzioni che già godono di un lauto stipendio? La polemica è subito scattata, in un intreccio di accuse, difese e distinguo.

Lo scorso 8 di marzo si era riunito l’Ufficio di presidenza del consiglio regionale, composto dal presidente Roberto Paccher, dal vice Sepp Noggler e dai consiglieri Alessandro Urzì, Jasmin Ladurner, Luca Guglielmi e Alessandro Savoi. Avevano approvato una modifica del regolamento prevedendo la possibilità di chiedere i rimborsi chilometrici anche per le sedute telematiche. Una decisione che ha effetto solo per il futuro, non per le sedute da remoto che si sono già tenute durante la pandemia.

In realtà il rimborso vorrebbe coprire le spese di chi si reca negli uffici del consiglio regionale o in quelli di uno dei gruppi politici che lo compongono per effettuare da lì il collegamento con la seduta da remoto. Il presidente Roberto Paccher ha assicurato: “Potranno chiedere il rimborso solamente coloro che fisicamente verranno negli uffici del consiglio”. Ma come dimostrarlo? Basta un’autocertificazione e quindi i controlli sarebbero difficili, anche perché le sedi dei gruppi non coincidono con quelle del consiglio regionale, che si svolge per metà legislatura a Bolzano e per l’altra metà a Trento. La spiegazione di Paccher: “Per molti consiglieri è più comodo partecipare alle sedute online dagli uffici del consiglio. Sia per la presentazione di emendamenti sia perché magari qui hanno a disposizione una connessione stabile, fotocopiatrici, scanner e tutto quello che serve. Non è giusto che i politici siano considerati degli approfittatori, mi rifiuto di credere che qualcuno possa fare false dichiarazioni. Non siamo banditi che mentono per pochi euro: solo chi viene in ufficio avrà i rimborsi”.

“Sembra una presa in giro – è il commento di Diego Nicolini del Movimento 5 Stelle, che assieme al collega Alex Marini chiederà spiegazioni. – É vero che non si tratta di moltissimi soldi, ma in questo periodo molte imprese stanno faticando per risollevarsi dopo le chiusure e tanti perdono il lavoro, quindi la politica non dà un bel segnale. A quei rimborsi si poteva tranquillamente rinunciare”. Qualche dubbio ce l’ha anche Alessandro Urzì di Fratelli d’Italia. “La questione è stata discussa in ufficio di presidenza, ma l’ho trovata poco chiara”. Un’altra voce contro è quella di Carlo Vettori, di Alto Adige Autonomia: “Visto il tempo in cui ci troviamo e le difficoltà a cui devono far fronte imprese e famiglie, forse era meglio rinunciare a quei rimborsi. Non è una bella figura”.

“Già per l’attività ordinaria chi si reca in ufficio, anche quando non ci sono sedute, ha diritto al rimborso chilometrico. E questo avviene con una semplice autocertificazione”, spiega Filippo Depasgeri, consigliere trentino del movimento l’Onda, che l’anno scorso aveva presentato un disegno di legge per tagliare le diarie durante il lockdown. Ma era stato bocciato.

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