C’è chi le definisce capsule per l’onanismo, chi oggetti per la masturbazione maschile e chi utilizzando un brand che ormai le definisce, ossia Fleshlight.

Tutto nacque alla fine degli anni ’90 quando Steve Shubin, un ex membro (e qui ci sta benissimo) del dipartimento di polizia di Los Angeles, condivide con la moglie Kathy la gioia di diventare padre di due gemelli. La gravidanza è ad alto rischio quindi a Steve si consiglia di non avere rapporti sessuali con la consorte fino a parto avvenuto. D’accordo con lei, investe 50.000 dollari e inizia a progettare una sorta di manichino funzionale femminile, riducendo la bambola ai soli genitali. Insomma pensandoci bene il prototipo doveva essere abbastanza inquietante. Il modello originale era costituito da un tubo di plastica con una guaina morbida all’interno la cui forma ricordava la pila per andare in cantina o nel bosco di sera. Sulla circonferenza non ho dati. Magari qualche lettore può aiutarmi.

Negli anni 2000 l’ingegner Matsumoto reinventa gli orifizi artificiali: ecco a voi le pluripremiate onacups, artistiche e di design.

L’aspetto singolare è che, mentre sui social si sbandiera il piacere femminile vibrante, con tanto di definizioni orripilanti come “siore e siori, comprate il sex toy che succhia e aspira il clitoride”, il mondo dell’onanismo tramite fessure in silicone è tabù.

Durante una piacevole conversazione sul tema, la dottoressa Maria Claudia Biscione, sessuologa, psicologa e psicoterapeuta, mi spiega: “Se parliamo di Tenga e vagine finte non possiamo non tener conto dell’effetto che questo ha sulle donne che non sempre possono accoglierne bene l’utilizzo del partner. Credo che ciò dipenda dall’idea che l’atto renda passiva la ‘vagina’ e in questo si intravede il bisogno del partner di desiderare questa passività per ottenere piacere. Nelle donne può richiamare all’antico pregiudizio che l’uomo voglia solo un ‘contenitore’ da cui trarre godimento senza alcuna forma di attivazione. Certo anche per i toys femminili si può muovere la stessa critica ma i vibratori spesso arrivano nella loro funzionalità dove non arriva il partner. Nelle Fleshlight non c’è un valore ‘aggiunto’ se non quello della ricezione fine a se stessa e in questo può risiedere la diffidenza e il giudizio negativo”.

La domanda sorge spontanea, ricordando lo stimatissimo Antonio Lubrano: cosa succederebbe alle sfoggiatrici di dildo se trovassero nel comodino del partner la riproduzione in silicone della vagina di Valentina Nappi? Provo ad elencare:

1. “Cosa sono tutte queste confezioni di docciaschiuma?”

2. “Aaagh! Ora capisco perché vuoi che mi depili sempre”

3. “Questa casa non è un love-hotel!”

4. “Ma non mi avevi detto che avevi problemi di erezione?

5. “Caro, sono Anna non tua madre. Ti è calata la vista, eh”

6. “Wow una fleshlight! Stanotte giochiamo a Guerre Stellari con il mio Magic Wand?”

7. “Ci vedremo in tribunale! Tu con tutte le tue vagine di plastica”

8. “Amore ma questa pila non funziona! Vibra e basta”

9. “Ho infilato per sbaglio un dito in questo ‘coso’ gelatinoso e mi sono fatta il manicure”

10. “Meglio un pertugio in silicone o la mia jolanda in carne e voluttà?”.

Insomma per concludere, cari uomini non vergognatevi se ogni tanto la mano amica vuole evitare calli: sperimentare, a maggior ragione in questo periodo di distanziamento forzato, può essere una gioia per combattere la noia. Et voilà, anche la rima.

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