Il Consiglio di Stato ha dato ragione ad ArcelorMittal: l’area a caldo dello stabilimento di Taranto per ora non dovrà fermarsi e la produzione potrà proseguire regolarmente. È quanto deciso al termine della camera di consiglio dell’11 marzo, che “ha disposto la sospensione della sentenza del Tar Lecce n.249/2021″, che ordinava la fermata del siderurgico del capoluogo ionico. La notizia è stata comunicata in una nota direttamente da ArcelorMittal. In attesa dell’udienza di merito del 13 maggio prossimo, il Consiglio di Stato ha accolto la richiesta di sospensiva presentata dal colosso siderurgico e da Ilva in As contro la chiusura dell’area a caldo. Sono stati così congelati gli effetti della sentenza del Tar di Lecce che aveva imposto ai ricorrenti di dar seguito all’ordinanza sulle emissioni del sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e di procedere entro 60 giorni dalla notifica, cioè entro il 14 aprile, alla fermata degli impianti.

Era il 13 febbraio quando i giudici del Tar di Lecce hanno dato ragione al primo cittadino tarantino, con una sentenza di 60 pagine in cui hanno hanno ricordato come il Melucci abbia emesso due ordinanze in occasione di una serie di fenomeni emissivi che hanno suscitato clamore e paura a Taranto. Nella prima ha chiesto all’impresa e agli organi competenti le cause di quanto accaduto e soprattutto cosa intendessero fare per fare in modo che quei problemi non si debbano più ripetere. Istanze a cui, sostanzialmente, non sarebbero state offerte risposte adeguate secondo quanto chiariscono i magistrati. Ed è stato questo silenzio a dare vita alla seconda ordinanza nella quale, a febbraio 2020, intimava alla fabbrica di spegnere entro 60 giorni gli impianti dei reparti Acciaierie, Cokeria, Agglomerato, Altoforni, Gestione Materiali Ferrosi e Parchi minerali. Un’ordinanza legittima ed efficace secondo i giudici: il sindaco Melucci, insomma, ha pienamente ragione. La sua – a detta dei giudici – è una difesa dei tarantini dato che è “pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione”.

Il Tar ha chiarito infine un principio fondamentale che da sempre ha dettato la strategia difensiva delle società che hanno gestito l’impianto tarantino: rispettare le norme non significa non danneggiare ambiente e salute. ArcelorMittal ha subito annunciato ricorso “immediato” al Consiglio di Stato, nella speranza di una sospensiva in attesa del giudizio di merito. Sospensiva che non è arrivata, con il giudice Luigi Maruotti, presidente della IV sezione del Consiglio di Stato, che ha motivato il suo no sottolineando che “non risulta e non è stata comprovata la circostanza che, in assenza di immediate misure cautelari, per l’appellante si produrrebbe uno specifico pregiudizio irreparabile”. Il tutto rimandando alla sentenza di merito dell’11 marzo, che è arrivata ed è favorevole al colosso siderurgico.

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