La scelta del governo di affidare alla statunitense McKinsey la consulenza per la messa a punto del Recovery plan fa finire l’esecutivo sotto un fuoco incrociato di polemiche. Ed è la prima volta da quando a Palazzo Chigi c’è Mario Draghi. “Con tutto il rispetto per McKinsey, se le notizie uscite oggi fossero vere, sarebbe abbastanza grave“, dice l’ex ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, esponente del Pd, partito che sostiene fortemente l’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce. Dello stesso tenore il commento di un altro ex ministro del precededente esecutivo, Giuseppe Provenzano: “Un giorno trapela che Draghi ‘il Recovery se lo scrive da solo, e va bè… Oggi che invece ci lavora McKinsey… Un pò di chiarezza? Dobbiamo richiamare i migliori nello Stato, magari tra i giovani, non delegare a privati esterni funzioni fondamentali. C’è una norma, si attui”.

La nota del ministero: “Contratto da 25mila euro” – Sulla vicenda, però, arriva una nota del ministero dell’Economia e delle Finanze per precisare “che la governance del Pnrr italiano è in capo alle Amministrazioni competenti e alle strutture del Mef che si avvalgono di personale interno degli uffici. McKinsey, così come altre società di servizi che regolarmente supportano l’Amministrazione nell’ambito di contratti attivi da tempo e su diversi progetti in corso, non è coinvolta nella definizione dei progetti del Pnrr”. Insomma: la task force farà sempre capo ai ministeri competenti mentre la società Usa darà solo una consulenza sui progetti. Via XX settembre sottolinea che “gli aspetti decisionali, di valutazione e definizione dei diversi progetti di investimento e di riforma inseriti nel Recovery Plan italiano restano unicamente in mano alle pubbliche amministrazioni coinvolte e competenti per materia. L’Amministrazione si avvale di supporto esterno nei casi in cui siano necessarie competenze tecniche specialistiche, o quando il carico di lavoro è anomalo e i tempi di chiusura sono ristretti, come nel caso del Pnrr”. Il ministero spiega poi che “l’attività di supporto richiesta a McKinsey riguarda l’elaborazione di uno studio sui piani nazionali Next Generation già predisposti dagli altri paesi dell’Unione Europea e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano”. A livello di cifre, secondo la nota del Mef, “il contratto con McKinsey ha un valore di 25mila euro +Iva ed è stato affidato ai sensi dell’art. 36, comma 2, del Codice degli Appalti, ovvero dei cosiddetti contratti diretti ‘sotto soglia. Le informazioni relative al contratto saranno rese pubbliche, come avviene per tutti gli altri contratti del genere, nel rispetto della normativa sulla trasparenza”.

Sinistra italiani e Fdi annunciano un’interrogazione – La nota del Mef, in pratica, risponde già all’interrogazione parlamentare annunciata da Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana: “Cosa sta succedendo a Palazzo Chigi? È vero che ad occuparsi del Recovery Plan sono dei tecnici esterni di una società di consulenza chiamati in gran segreto? Con quale mandato? Sulla base di quale decisione? “. Fratoianni ricorda che “il precedente governo è stato ‘lapidato‘ sulla governance che espropriava il Parlamento, la cosa sarebbe piuttosto grave. Oltre che grottesca. Intanto, in attesa che qualcuno risponda alle domande , presenterò una interrogazione parlamentare”. Loredana De Petris, senatrice di Leu e presidente del gruppo Misto, dice di essere stupita: “Il premier Draghi aveva assicurato in Parlamento che la cabina di regia del Pnrr sarebbe stata affidata al Mef, in stretto collegamento con i ministri competenti. E’ evidente che se questo disegno viene modificato il Parlamento deve essere preventivamente avvertito e consultato”. “Il governo Draghi chiama McKinsey per la scrittura del Recovery Plan: i tecnici dei tecnici. No, così proprio non va. Così, si umiliano le competenze delle pubbliche amministrazioni e si allontana l’accountability politica. Il Parlamento deve intervenire”, twitta Stefano Fassina, altro esponente di LeU. Un’interrogazione sarà depositata anche da Federico Mollicone di Fratelli d’Italia: “McKinsey, una società straniera, ottiene una consulenza per l’analisi di impatto: il governo dei migliori chiamato per scrivere il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fa peggio di Conte e affida valutazioni chiave a tecnici senza responsabilità. Il Parlamento deve essere centrale nella riscrittura del Pnrr, con più fondi per l’innovazione, la cultura, lo sport, l’editoria”.

D’Incà: “Stop polemiche” – A difendere pubblicamente Draghi è Carlo Calenda, che su twitter scrive: “Consulenti McKinsey o altro, si usano per scrivere piani strategici straordinari. Quando hai bisogno di elaborazioni veloci e verifica di fattibilità su progetti. Ma se la guida rimane saldamente nelle mani dei Ministri non vedo alcun problema, anzi. No polemiche inutili“. Sulla vicenda interviene anche il ministro per il rapporti col Parlamento, Federico D’Incà: “Il Mef ha chiarito che la governance del Pnrr è è nelle mani delle amministrazioni pubbliche competenti e McKinsey non ha alcun ruolo nella definizione del RecoveryPlan. Ora stop alle polemiche e avanti con il lavoro, non è il momento di ulteriori fratture”. Prendono atto della nota del Mef i deputati del MoVimento 5 Stelle in Commissione Affari Costituzionali alla Camera, che hanno diffuso una nota in cui sottolineano “la necessità che il Parlamento e le articolazioni dello Stato siano centrali nella predisposizione del piano. Infatti, l’Italia è l’unico Paese che ha previsto un coinvolgimento costante delle Camere. Ci aspettiamo chiarezza e per questo depositeremo nelle prossime ore un’interrogazione parlamentare che faccia piena luce sulla vicenda e consenta al governo di dissipare ogni dubbio”.

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