Francesco Gaetano Caltagirone inizia a dare le carte sulle Generali, puntando un chip sul primo azionista della compagnia di Trieste, Mediobanca, di cui a fine febbraio ha comprato poco più dell’1 per cento. Il costruttore-editore romano ha quindi dato fuoco alle polveri di una battaglia che i salotti e i salottini attendono da tempo. Se infatti le Generali sono da sempre al centro degli appetiti e delle fantasie che corrono sull’asse italo-francese, la mossa di Caltagirone lascia pensare che la prima compagnia assicurativa nazionale, che è anche la cassaforte d’Italia per via degli asset posseduti, titoli di Stato inclusi, sia ormai matura per un nuovo ciclo con tanto di resa dei conti.

L’arrivo dell’editore del Messaggero sulla soglia di Piazzetta Cuccia segue l’ingresso in forze di Leonardo Del Vecchio che di Mediobanca ha rilevato il 13,2% dopo un iniziale blitz nel 2019 e ha in tasca il via libera della Bce a salire fino al 20 per cento. Il miliardario della Luxottica si era fatto avanti al momento giusto, con il vuoto di potere che si era venuto a creare con la mancata scalata alle Generali da parte di Intesa Sanpaolo e, successivamente, l’uscita di scena di Unicredit che sotto la gestione Mustier ha venduto la storica partecipazione che ne ha fatto per anni il primo azionista di Mediobanca e, indirettamente, anche delle Generali.

L’operazione Del Vecchio-Mediobanca era stata fin da subito collegata alla volontà di arrivare alla stanza dei bottoni delle Generali – di cui il patron della Luxottica possiede già quasi il 5% – con minor spesa di quanto non sarebbe costato passare direttamente per Trieste, dove l’istituto milanese primeggia forte del suo 13% circa del capitale. E almeno finora la sua presa non ha avuto effetti dirompenti sulla governance di Mediobanca, tanto più che il miliardario aveva assicurato alla Bce che il suo è un investimento puramente finanziario.

È vero d’altro canto che l’arrivo di Del Vecchio in Mediobanca è stato a lungo letto e temuto come un prologo alla cessione delle Generali agli amici di Francia. E, pure, che le carte e gli equilibri al nord sono stati sparigliati la scorsa estate quando Intesa Sanpaolo si è divorata Ubi Banca con la consulenza di Mediobanca e il prezioso contributo delle Generali che hanno portato acqua al mulino di Intesa con un provvidenziale acquisto di Cattolica Assicurazioni, a sua volta azionista di peso di Ubi.

Roba già da mal di testa, insomma, anche senza Caltagirone che, dal canto suo, è già il primo azionista privato della compagnia assicurativa di Trieste, di cui è vicepresidente, con una partecipazione del 5,65 per cento. Poco distanti ci sono i Benetton con poco meno del 4 per cento. Difficile sapere dove vada davvero il vento, ma le attese ogni volta che si muovono Caltagirone e Del Vecchio sono piuttosto alte. Figuriamoci quando sono in asse come fu con il memorabile fu il cesaricidio del 2011, quando Cesare Geronzi venne messo alla porta della compagnia triestina di cui era diventato presidente passando proprio per Mediobanca.

Per dirla con Vincent Bolloré, terzo incomodo di tante partite chiave per l’Italia inclusa questa, dove gioca al tavolo degli azionisti forti, “bisogna essere molto prudenti quando si parla di Generali, perché é una grande partita italiana”, come ebbe a dire il raider bretone nel 2007 commentando una lettera del fondo Algebris di Davide Serra, ricordando che Trieste “è una grande istituzione italiana e non solo una istituzione finanziaria e con Mediobanca è il polmone dell’economia italiana”.

Quale che sia l’obiettivo, poi, il mercato quando passa Caltagirone fiuta l’affare. Anche qui memorabile fu la cessione della quota in Monte dei Paschi nel 2012, con il consequenziale acquisto di una fetta di Unicredit. Giusto in tempo: poche settimane dopo su Siena sarebbe esplosa l’inchiesta giudiziaria che ne ha scoperchiato i guai. Lui stesso in occasione di un’assemblea della Caltagirone spa aveva spiegato poi che si era presentata una “occasione unica con l’aumento di capitale di Unicredit” di spostare l’investimento su quel titolo: “Era sceso talmente per cui ci siamo resi conto che potevamo vendere Monte Paschi e comprare Unicredit, che aveva molte più possibilità di rimbalzare”, aveva detto qualche mese dopo. Naturale quindi che Piazza Affari vada in scia con il titolo dell’istituto di piazzetta Cuccia che ha chiuso con un rialzo dell’1,43% a 8,95 euro, mentre Generali con un progresso dello 0,98% a 16,03 euro.

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