I ricercatori ci lavorano da mesi e finalmente partirà uno studio di fase 1 per un altro vaccino italiano quello messo a punto dalla Takis in collaborazione con Rottapharm. All’ospedale San Gerardo di Monza partirà il 1 marzo la sperimentazione clinica. “Non sarà ancora primavera, ma sarà comunque l’inizio di una nuova stagione”, annunciano dall’Asst brianzola, comunicando la data della prima somministrazione nell’ambito dei test di fase 1. La sperimentazione – ricordano dal San Gerardo – verrà condotta anche all’ospedale Spallanzani di Roma e l’Istituto Pascale di Napoli.

A Monza Paolo Bonfanti, direttore della Clinica di Malattie infettive, e Marina Cazzaniga, direttore del Centro di fase 1, “saranno lì, pronti per iniziare un’avventura alla quale l’ospedale, con la collaborazione dell’università degli Studi di Milano-Bicocca, si prepara ormai da mesi. Già da agosto, infatti, abbiamo cominciato a raccogliere le adesioni dei volontari per la sperimentazione del vaccino a Dna contro Covid – afferma Cazzaniga – Ora lo studio ha ricevuto l’autorizzazione di Aifa e anche quella del Comitato etico dell’Istituto Spallanzani, quindi tutto è pronto per portare il vaccino a Monza”. Un “lungo iter, concluso lo scorso 4 febbraio con l’autorizzazione dell’Agenzia italiana del farmaco e il giorno successivo dello Spallanzani”.

In questi mesi di attesa “tanto allenamento”, si legge in una nota dell’ospedale San Gerardo, con “la messa a punto di tutte le procedure che servono per garantire la somministrazione in sicurezza del vaccino” e “i test sull’elettroporatore, la procedura che, applicata ai volontari, permetterà l’entrata del Dna nelle cellule“. Cazzaniga racconta che “lo scorso dicembre abbiamo condotto uno studio con l’elettroporatore. Volevamo testare la procedura, per poter fornire poi ai soggetti che saranno arruolati nella sperimentazione i maggiori dettagli possibili. Io stessa mi sono sottoposta alla procedura, per essere in grado di spiegare al meglio cosa si prova”. Gli esperti spiegano perché, anche in un momento in cui già esistono vaccini contro Covid-19 approvati e in uso, è comunque importante disporre di un altro prodotto da studiare. “I vaccini anti Covid non sono tutti uguali – osserva Bonfanti – Le piattaforme, a Rna o a Dna, la presenza o l’assenza di vettori virali, fanno la differenza come dimostrano gli studi, anche in termini dell’efficacia della copertura vaccinale. Il vaccino a Dna”, precisa inoltre l’infettivologo, “potrebbe essere molto importante in futuro anche per altre ragioni: la possibilità di modificarlo adattandolo all’emergenza di varianti del virus non sensibili ai vaccini attuali, la stabilità a temperatura ambiente senza la necessità di dover garantire la catena del freddo e la possibilità di essere somministrato molte volte, nel caso in cui le vaccinazioni anti-Covid debbano essere ripetute ogni anno”.

“In questi mesi – riporta ancora Cazzaniga – abbiamo anche avviato una collaborazione scientifica con la Struttura di Psicologia clinica e con il Dipartimento di Sociologia dell’università Milano-Bicocca, per studiare le motivazioni, personali e sociali, che hanno spinto tante persone a candidarsi come volontari. Un fenomeno assolutamente sconosciuto per il nostro Paese“.
“In un momento di crisi come quello pandemico – dichiara il direttore generale dell’Asst Monza, Mario Alparone – la capacità di sviluppare sinergie nell’ambito della ricerca clinica finalizzata al miglioramento delle cure rappresenta la chiave vincente della nostra strategia – Sperimentare un vaccino capace di essere modificato in un momento di diffusione delle varianti del Covid rappresenta un’opportunità importante da cogliere“.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Successivo

Le donne impegnate contro la pandemia? Va bene Ilaria Capua, ma io citerei anche la Merkel

next