“In nome del decoro non si può calpestare la dignità dei senza fissa dimora”. È il coro unanime del mondo del volontariato torinese che sabato si è unito contro la giunta della sindaca Chiara Appendino che attraverso l’intervento della Polizia e dei vigili urbani ha sgomberato sette clochard facendo buttare via i cartoni e le loro coperte nei cassonetti della spazzatura.

Un’azione arrivata in un clima già acceso a causa delle frasi del capo dei vigili urbani Emanuele Bezzon e la proposta di vietare ai senza tetto che vivono in centro di avere animali. Tutto è partito il 28 gennaio scorso quando il comandante della polizia municipale ha invitato i cittadini a non dare più soldi ai clochard: “Non fate l’elemosina ai senzatetto. Per loro il centro è un bancomat”.

Un’esortazione che ha destato non poche proteste da parte delle associazioni che si occupano della povertà nel capoluogo torinese. Una frase che – secondo chi è vicino all’amministrazione – è stata pronunciata affinché le persone che vivono per strada, trovandosi senza denaro, si convincano a scegliere la via istituzionale dei dormitori.

Ma non è finita. Ad alimentare lo scontro tra l’amministrazione Cinque Stelle e il mondo del terzo settore ci ha pensato la proposta del Comune di togliere i cani a queste persone. Finora si tratta solo di un’idea spuntata nella bozza di un regolamento ma è bastato farla circolare per raccogliere le reazioni del volontariato: “Una cattiveria inutile contro i più fragili”.

A difendere le proprie scelte è intervenuta in consiglio comunale la vice sindaco Sonia Schellino che ha la delega ai servizi sociali. Prima spiegazione: “Vogliamo chiarire il fatto che per alcune persone ricevere offerte in denaro, nel caso in cui la quantità sia abbastanza consistente, possa essere un deterrente all’accettazione di un percorso di ritorno all’autonomia”. Seconda spiegazione: “La collocazione in una via centrale, sotto ai portici, consente visibilità e capacità di raccolta di offerte piuttosto consistenti. Spesso riceviamo richieste da parte di commercianti del centro che chiedono che la città intervenga in termini di decoro (e dal momento che cambiano le monete in banconote, hanno capacità di stimare la raccolta). È chiaro che chiunque è libero di dare quello che vuole a chi vuole, non c’è niente di male. Ma non è infrequente che le stesse persone che donano si rivolgano poi alle istituzioni chiedendo il ripristino del decoro. L’ostinazione a non spostarsi da alcuni spazi, è intellettualmente onesto dirlo, è determinata anche da una rendita di posizione che garantisce una raccolta di fondi”.

Parole che sono state rincarate dalla sindaca: “Rispetto tutte le diverse sensibilità, ma respingo quanto detto da chi ha affermato che ‘rincorriamo il comandante’. Già nel 2018 avevo invitato a non fare elemosine indiscriminate per non alimentare dipendenze o forme di racket, sostenendo piuttosto le attività di volontariato. Alcune città hanno introdotto il Daspo per i senzatetto, ma qui a Torino non vogliamo farlo”. Un resoconto che non è piaciuto al Partito Democratico, alla sinistra ma nemmeno a qualcuno dei Cinque Stelle.

Infine l’ultimo atto: lo sgombero di sette clochard che dormivano nella zona semi centrale in una strada tra Porta Susa e piazza Castello. La Questura nei giorni scorsi è intervenuta per identificare queste persone e la polizia municipale si è occupata di gettare coperte e materassi nella spazzatura. Via tutto. Non solo gli homeless ma anche tutto quel poco che avevano ricevuto in dono da privati cittadini o associazioni di volontariato che ogni sera portano coperte e the caldo. Un’operazione che è finita sotto i riflettori e che ha scatenato il terzo settore.

Daniela Sironi, responsabile della Comunità di Sant’Egidio di Torino che da sempre è vicina ai senzatetto è furente: “Queste persone sono state umiliate, ferite. Il messaggio è chiaro: per voi non c’è posto. Hanno gettato tutto quello che avevano privandoli della loro dignità. Lo sgombero fatto nei confronti di sette persone ha toccato tutti perché tutti si sono sentiti indesiderati”. Di là delle parole Sironi cita i numeri: “L’ultima stima dell’osservatorio delle persone senza fissa dimora targata 2017 ci racconta che ci sono 2500 persone per strada. C’è il problema poi di chi sta in abitazioni improprie: sottoscala, garage. Il Comune con l’aiuto della diocesi arriva a 550 posti letto. Torino non è adeguata. C’è un’assenza totale di servizi di strada. Fare i forti con chi non si può difendere non è mai segno di equità”.

Con la Comunità di Sant’Egidio che ha scritto una lettera aperta si sono schierati anche il Centro carità Sant’Antonio; i servizi vincenziani per i senza fissa dimora; il progetto Leonardo Onlus; l’associazione Opportunanda; la Casa di Zaccheo Onlus; l’associazione culturale Eufemia; il Gusto del Mondo Impresa sociale e Cucine Confuse.

Ma a prendere posizione contro la sindaca e la sua giunta è anche il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti che con il Cnca Piemonte e Liguria, il Comitato di collaborazione medica Amref healt Africa, l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, il Forum Droghe, i gruppi locali Immigrazione e Salute, l’associazione Almaterra, gli Avvocati di Strada, Libera, Acmos e la conferenza regionale del volontariato giustizia hanno denunciato quanto sta avvenendo.

“In nome del decoro delle piazze e dei portici del centro, con l’unico obiettivo di rendere invisibili le situazioni di più grave povertà agli occhi della città, si sta calpestando la dignità dei più fragili, di chi, sotto quei portici e in quelle piazze, è costretto a vivere e contraddice la tradizione solidale di una città come Torino. Queste dichiarazioni e questi provvedimenti, presi per giunta nei freddi mesi di gennaio e febbraio, in un periodo in cui la crisi economica acuita dalla pandemia ha aumentato il numero di senza fissa dimora, con associazioni del privato sociale e cittadini impegnati nel dare sostegno a chi ha meno, rappresentano bene lo scollamento in atto tra parte delle istituzioni e della cittadinanza”.

Non ultimo venerdì è arrivato anche l’intervento dell’Arcivescovo Cesare Nosiglia sul quotidiano La Stampa. “Il problema dei senza fissa dimora non si può affrontare in un modo che riporta a metodi antichi di rifiuto e discriminazione”, ha detto il porporato.

Intanto il prefetto di Torino Claudio Palomba ha convocato un incontro per martedì prossimo per affrontare la situazione. Parteciperà anche monsignor Nosiglia. “Posso assicurarle – ha spiegato il rappresentante del Governo a ilfattoquotidiano.it – che nessuno ha intenzione di cacciare i clochard dal centro. Sono in contatto frequente con la sindaca e la sua vice e non hanno certo quell’idea. In questi giorni la Polizia e i vigili sono intervenuti su situazioni specifiche a seguito di alcuni esposti. Stiamo lavorando da tempo su questo tema. Dietro questa polemica temo non ci sia una vera attenzione al problema. Il primo obiettivo è dare dignità a queste persone che non possono vivere in quel modo”. Il prefetto respinge anche l’ipotesi circolata in queste ore che sarebbe di trovare posto per queste persone in container “salva vita” alla periferia della città: “Non se n’è mai parlato”.

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Torino, si sdraiano davanti al Comune contro lo sgombero delle persone senza fissa dimora: “Si nasconde povertà sotto il tappeto”

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