La Valle d’Aosta non può legiferare sui temi legati alla tutela della salute pubblica, inserendo norme meno severe rispetto a quelle fissate dal governo, per fronteggiare la pandemia da coronavirus. È quanto ha deciso la Corte Costituzionale che, in via d’urgenza, con l’ordinanza n.4 depositata oggi, ha accolto l’istanza proposta, in via cautelare, dal presidente del Consiglio, sospendendo gli effetti della legge regionale valdostana del 9 dicembre 2020. Nella norma regionale erano consentite misure di contenimento della diffusione del contagio da Covid-19 anche di minor rigore rispetto a quelle statali. La decisione è “storica”: è la prima volta che la Consulta sospende subito, in via cautelare gli effetti di una legge. Depositate nell’immediato anche le motivazioni.

Di fatto la decisione per la Valle d’Aosta diventa un “no” per tutte le Regioni che, anche in futuro, volessero adottare leggi simili. E pone quindi un punto fermo in materia di decisioni sul coronavirus: l’ultima parola spetta allo Stato, a meno che non vengano adottate misure più stringenti.

“La Corte ha ritenuto che sussista il ‘fumus boni iuris’“, si legge nel comunicato diffuso dalla Consulta contestualmente alla decisione, “considerato che gli interventi consentiti dal legislatore regionale riguardano la materia della profilassi internazionale, riservata alla competenza esclusiva dello Stato”. La Corte fa sapere che questo “non esclude diversificazioni regionali della disciplina, adottate nel quadro di una leale collaborazione tra Stato e Regioni”. “La Corte ha ritenuto inoltre che l’applicazione della legge fino alla trattazione nel merito della questione – fissata per il 23 febbraio 2021 – potrebbe comportare – si legge ancora – il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico a una gestione unitaria dell’epidemia a livello nazionale”, ma anche, “il rischio di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute delle persone”. I giudici della Corte Costituzionale hanno quindi dato ragione al governo, sottolineando, in particolare, sia che “la materia della profilassi internazionale” è di competenza statale, sia richiamando a una gestione unitaria della pandemia.

Secondo il presidente della Regione, Erik Lavevaz, però, “la Consulta non ha colto pienamente quello che era l’intento politico contenuto nella legge”. “La nostra – ha aggiunto – non è nient’altro che una cornice normativa che ci permetteva di calare sulla nostra realtà territoriale e sul nostro tessuto economico e sociale le norme nazionali”. Secondo il governatore, nessuno ha mai voluto mettere in pericolo la salute dei valdostani, anzi. “È stata chiamata in modo erroneo legge anti Dpcm, – ha concluso – ma così non è perché è una legge che è stata applicata con una logica di prudenza e di correttezza rispetto agli ambiti sanitari e scientifici”.

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