Facebook e Instagram hanno bloccato a tempo indeterminato gli account di Donald Trump. Tutti noi siamo consapevoli dell’atteggiamento eversivo che ha condotto il presidente uscente degli Stati Uniti a fomentare la rivolta barbarica, pienamente golpista, che ha sconvolto gli Usa e il mondo intero.
Eppure anche in queste ore, anche noi che siamo fieri di avversare ogni sillaba di quest’uomo pericoloso, abbiamo il dovere di giungere fino al fondo della questione: è possibile che un uomo detenga il monopolio assoluto di tutta l’informazione che corre sui social network? E’ possibile che decida, a suo insindacabile giudizio, chi ammettere e chi estromettere? E’ possibile che il suo giudizio lo fondi sulle proprie convinzioni politiche o religiose? E se domani Mark Zuckerberg, il padrone del vapore, vendesse a un altro ricchissimo e potente, la sua merce? Se domani fosse un altro, per esempio Donald Trump, a impossessarsi del vapore? E se costui usasse il suo potere per deviare, manipolare, disinformare, ostruire la libera partecipazione dei cittadini alla vita democratica del proprio Paese?
La conoscenza è il bene indiscutibile e inalienabile della democrazia. Il fatto che gli Stati non la sottraggano al monopolio di privati, non costruiscano una rete di regole trasparenti e chiare, una serie di garanzie che diano la possibilità a ciascuno dell’esercizio del diritto alla difesa delle proprie opinioni, a vederle almeno discusse, a conoscerne l’epilogo, è il pericolo più grande e più grave.
Oggi siamo contenti che il fanatismo criminogeno di Trump sia stato messo a tacere. Domani potremmo essere feriti se uguale sorte, secondo gli insindacabili giudizi di un padrone assoluto, toccasse a chi – a nostro avviso – non la merita affatto.
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