“In quella zona del mondo si sta scrivendo la storia”. Parola di Matteo Renzi nella sua newsletter numero 677. La zona è la Penisola Arabica, la storia è la firma di un accordo che mette fine all’embargo sul Qatar imposto da tre anni dai Paesi del Golfo che accusano Doha di proteggere i Fratelli Musulmani, ritenuti con il loro Islam politico un’insidia letale per le monarchie assolute della regione. Tutti paesi coi quali Renzi ha una “sua” storia pubblica (e una consuetudine privata) fatta di facilitazioni nell’ingresso degli emiri nelle imprese e nelle banche italiane, di gettoni da conferenziere, di Rolex andati a ruba, perfino di entrate a gamba tesa nel mondo del calcio. Tutti insieme, gli sono valsi il titolo di Renzi d’Arabia.

La Qatar Connection di Renzi fu tratteggiata ormai quattro anni fa da un’inchiesta de L’Espresso che metteva in fila aerei, armi, ospedali e alberghi di lusso. Visite ufficiali e incontri riservati. Una rete di relazioni a cavallo tra politica, alta finanza e diplomazia il cui snodo di partenza era un viaggio a gennaio 2017 a Doha dallo scopo mai dichiarato, mentre era palese che Renzi pochi mesi prima fosse lo sponsor più autorevole dell’intervento dell’emiro per salvare il Monte dei Paschi di Siena. Roba da un miliardo, evaporata al sole dopo il giro di boa del referendum. Non così altre acquisizioni sulla tratta Doha-Roma che hanno poi reso l’Italia una specie di piccola Sparta del Golfo che poteva aiutare l’emirato ad aggirare l’embargo, grazie ad esempio alle commesse d’armi a vantaggio di Leonardo.

C’è poi l’affare, se così si può dire, Meridiana. Nel luglio 2016 arriva il flash di agenzia: Qatar Airways rileva il 49% della compagnia. L’ultima linea verso Doha era stata in Toscana, nello scalo pisano della Adf, la società degli aeroporti della città del Giglio presieduta da Marco Carrai, uomo d’affari grande amico dell’ex presidente del Consiglio. Renzi fu poi grande sponsor dei fondi di investimento emiratini in Piaggio Aerospace, la storica azienda di Villanova d’Albenga nella manutenzione motori e costruzione di bimotori. Un matrimonio non proprio felice che ha portato al commissariamento e alla messa in vendita. Agli emiri interessavano i droni a uso militare. L’elenco sarebbe ancora lungo.

Il Fatto ha poi raccontato come, lato saudita, si tentava di facilitare le relazioni col Belpaese, a suon di orologi da decine di migliaia di euro e gettoni per conferenze internazionali (tali da produrre un altro reddito al senatore semplice). Gli ultimi quadranti di cui si ha notizia dal Qatar sono quelli ricevuti dalla delegazione di Gentiloni nel novembre del 2017 in occasione di una vista ufficiale. Sono 47 tutti custoditi al secondo piano del palazzo di via delle Mercede, la cassaforte della presidenza del Consiglio. Sull’etichetta solo la scritta “orologi varie marche”. Di Rolex, del resto, era meglio non parlar più visto il parapiglia per quelli donati alla delegazione di Renzi in Arabia Saudita a novembre del 2015. Il Fatto li ha poi rintracciati dopo tre anni: per 11 mesi si erano volatilizzati per poi ricomparire, non si sa se tutti, solo nel 2018.

In Qatar poi, ma lo si è appreso solo dalle intercettazioni tra l’ex ministro Luca Lotti e l’ex capo dell’Anm Luca Palamara, Renzi era andato per far comprare agli emiri di Doha la Roma. Sullo sfondo, la trattativa per l’eterno progetto di stadio a Tor di Valle costato al costruttore Parnasi una richiesta di rinvio a giudizio e alla squadra giallorossa ben 170 milioni di euro di mancati introiti. A Doha nel 2022 ci saranno i mondiali di calcio per un giro d’affari da centinaia di milioni di euro. Sarà un altro evento “storico”. Potrà mancare l’ex premier?

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