Cancellarono un candidato dalle liste elettorale per le comunali di Moncalieri, in provincia di Torino. Lo eliminarono con un rapido tratto di penna, nonostante la lista degli aspiranti consiglieri comunali fosse già stata sottoscritta da 76 cittadini. Per questo motivo la procura di Torino ha messo sotto inchiesta i big di Lega e Forza Italia in Piemonte. Politici di primo piano non solo in Regione ma anche a livello nazionale. Indagati con l’accusa di aver falsificato e alterato la lista elettorale, infatti, ci sono il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, il daputato del Carroccio Alessandro Benvenuto, il parlamentare di Forza Italia Paolo Zangrillo, fratello di Alberto, medico personale di Silvio Berlusconi e primario di Rianimazione dell’ospedale San Raffaele di Milano. A raccontare la vicenda è l’edizione torinese del quotidiano La Stampa.

Dopo l’esposto dei Radicali, con l’avvocato Alberto Ventrini, il pm Gianfranco Colace ha sentito numerosi testimoni, acquisito chat telefoniche e mail e inviato l’avviso di chiusura delle indagini a quattro indagati: oltre ai tre deputati anche a Fabrizio Bruno, funzionario della Regione, rappresentante di lista. L’indagine, secondo l’accusa, nasce quando la Lega candida per le comunali di Moncalieri del settembre scorso Stefano Zacà, medico legale, leader storico di Forza Italia che però aveva scelto di passare con il partito di Matteo Salvini. Sarebbe stato un affronto per Zangrillo, che è residente a Moncalieri: almeno secondo l’accusa. Per i pm, dunque, Molinari si è attivato – con l’obiettivo di salvaguardare i rapporti con l’alleato di Forza Italia – chiedendo a Benvenuto, che è segretario provinciale della Lega a Torino, d’intervenire. Cosa che – sempre secondo le indagini- sarebbe avvenuta con l’interessamento di Bruno: il nome di Zacà fu cancellato dall’elenco dei 24 consiglieri della lista della Lega, già sottoposta alla raccolta firme dei cittadini. Nessuno si accorse che gli aspiranti consiglieri del Carroccio erano soltanto 23. Zacà fu riammesso alle elezioni dalla giustizia amministrativa, la Lega si appellò alla libertà di scelta politica. “Ma – scrivono gli inquirenti – la legge non assegna ai partiti la soggettività giuridica, ma all ‘ insieme degli elettori che hanno sottoscritto la lista”. Adesso gli indagati rischiano un processo per un reato che è punito con una pena da uno a sei anni di carcere.

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