“Rispetto alla prima ondata, la seconda ha portato un clima di inquietudine e angoscia più diffuso che si è tradotto in un aumento degli accessi ai nostri servizi”. Il dottor Edoardo Squillari è uno psichiatra del Centro di Salute Mentale di Nizza Monferrato – Asl At in Piemonte. Non si è mai fermato durante la pandemia così come i suoi colleghi, gli infermieri e gli assistenti sociali che durante il lockdown hanno continuato a visitare a domicilio i pazienti.

“I nuovi accessi sono legati per lo più a disturbi di ansia” spiega il coordinatore infermieristico Cinzia Lamberti. Si tratta di persone che hanno lavorato in prima linea durante la pandemia o che si sono viste interrompere la routine lavorativa. “La quotidianità inizia a diventare pesante per tanta gente che vive ogni giorno come un grande punto interrogativo su quello che sarà il futuro” spiega l’infermiera del Centro di Nizza Caterina Dagnia prima di una visita a domicilio. E così gli accessi sono aumentati.

“È stato messo da parte lo stigma di rivolgersi al centro di salute mentale in caso di fragilità – racconta la Lamberti – ed è più riconosciuto dalla popolazione che l’ansia è più accettata e dunque è più accettato il fatto di chiedere aiuto”. In questi centri non si somministrano soltanto terapie. “Siamo come dei fratelli e delle sorelle per loro – spiega Alfonso, un infermiere – si fidano di noi e vogliono essere rincuorati così noi diventiamo un tutt’uno con loro”.

I limiti imposti dal lockdown hanno fatto crescere l’uso della telemedicina e del supporto telefonico, senza però trascurare le visite a casa: “Anzi, le abbiamo intensificate perché i pazienti avevano sempre più problemi a venire in ambulatorio”. Una modalità d’azione che ha il doppio vantaggio di far accettare di più al paziente la terapia e di limitare i ricoveri: “Oggi più che mai – conclude il dottor Squillari – dobbiamo spostare il baricentro delle cure sul territorio”.

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