Inettitudine dirigenziale”, “mala gestio”, “reiterata violazione delle norme sugli incarichi”. Questo ha scritto la Corte dei conti in una recente sentenza con cui ha condannato alcuni dirigenti nell’orbita di Regione Lombardia, che ora dovranno risarcire in tutto 290mila euro per danno erariale per fatti legati al dissesto dell’Agenzia regionale per l’istruzione, la formazione e il lavoro (Arifl), poi assorbita in Polis Lombardia. I fatti risalgono al 2005, ma benché datati gettano nuove ombre sulla gestione lombarda della sanità. Perché tra i condannati c’è Massimo Giupponi, da inizio 2019 direttore generale dell’Ats di Bergamo, cioè l’azienda sanitaria di uno dei territori più colpiti della prima ondata di Covid, sulla cui gestione la procura bergamasca ha aperto un’inchiesta (Giupponi non è indagato). Il caso è finito anche sul tavolo di Attilio Fontana: al governatore a fine ottobre è stata indirizzata una lettera anonima con in calce la firma di non meglio identificati “lavoratori di Ats Bergamo”. Oltre a citare la condanna di Giupponi, esponente di Comunione e liberazione in passato considerato in quota Ncd, la lettera esprime dure critiche verso una serie di scelte gestionali dell’Ats, alcune delle quali già oggetto di scontri con l’ordine dei medici e con la Cgil. Secondo i suoi detrattori, tali scelte hanno causato da un lato l’uscita dall’Ats di diverse figure dirigenziali, lasciando così scoperti ruoli chiave proprio nel corso dell’emergenza, dall’altro hanno portato a incarichi di dubbia opportunità.

Ma partiamo dalla sentenza dei giudici contabili. Giupponi, alla guida dell’Arifl dal 2000 al 2006, è stato condannato in appello insieme ad altri tre dirigenti, dopo che il giudizio di primo grado, pur rilevando una “grave mala gestio” e una “approssimativa e quasi ‘familiare’ conduzione di importanti progetti”, aveva ritenuto il danno erariale non provato. Ora invece Giupponi dovrà risarcire quasi 133mila euro per una serie di incarichi conferiti a consulenti e collaboratori esterni senza rispettare norme, requisiti e procedure comparative. Incarichi di cui la Corte dei conti ritiene non sia provata l’utilità e che hanno avuto “effetti disastrosi”, contribuendo al dissesto dell’Arifl, che nel 2007 registrava un disavanzo di oltre 3 milioni di euro poi ripianato dalla Regione. Tra i contratti per cui Giupponi è stato condannato, ce n’è uno affidato a un consulente senza laurea che ha percepito un compenso di 9.800 euro al mese, ben superiore – notano i giudici – a quanto previsto per i dirigenti pubblici con laurea.

“Vogliamo ancora mantenere a carico dei cittadini direttori di tale specie?”, si chiede chi ha scritto la lettera anonima, che oltre a Fontana è stata recapitata al presidente e ai consiglieri della commissione Sanità del Pirellone, all’ordine dei medici, a Cgil e Cisl, al sindaco Giorgio Gori e al comitato Noi denunceremo dei parenti delle vittime bergamasche del Covid. La lettera ne segue un’altra arrivata in Regione a fine luglio con in calce una firma analoga, “lavoratori anonimi dell’Ats Bergano”. Entrambe le missive ripercorrono alcune scelte gestionali di Giupponi che secondo chi scrive hanno portato ad avere ruoli importanti scoperti in questi mesi critici. Tra i casi segnalati quello della revoca a giugno dell’incarico a Roberto Moretti, responsabile del settore Cure primarie, da cui dipende il coordinamento dei medici di base. Revoca rientrata solo dopo un duro scontro della direzione dell’Ats con l’ordine dei medici di Bergamo e il sindacato Anaao. Sotto accusa anche la scelta, presa a fine marzo quando il direttore sanitario si è ammalato di Covid, di affidare le sue funzioni di coordinamento dei dipartimenti di area medica al responsabile del dipartimento veterinario, Antonio Sorice, affidando dunque funzioni mediche a un veterinario.

Sull’ultima lettera anonima è intervenuta la Rsu dell’Ats di Bergamo, prendendo le distanze perché “le modalità utilizzate non appartengono né agli operatori né ai sindacati dell’Ats Bergamo, capaci di confronti duri, serrati ma trasparenti, e sempre nell’ambito del leale confronto tra le parti”. La rappresentanza sindacale non è però entrata nel merito dei contenuti “in quanto non ascrivibili a soggetti identificabili con cui aprire un contradditorio”. Ma tali contenuti vengono ritenuti veritieri dal segretario generale di Bergamo del sindacato Funzione pubblica della Cgil, Roberto Rossi, che al di là del dissociarsi anche lui dalle modalità di una lettera anonima dice: “Le accuse mosse sono tutte condivisibili. Un numero elevato di professionisti, dirigenti di qualità riconosciuta, ha scelto di andare in pensione in anticipo o di dimettersi a causa dei contrasti con la direzione. C’è poi il tema della mala gestione della sicurezza nel corso della prima ondata, su cui abbiamo fatto ricorso al tribunale del lavoro”.

Contattato da ilfattoquotidiano.it, Giupponi contesta la sentenza della Corte dei conti: “È iniqua e affetta da errori in fatto, motivo per il quale la stessa sarà oggetto di ricorso per revocazione. In tale sede i miei legali avranno modo di confutare tutto ciò che è stato contestato a mio carico”. Sulle accuse alle sue scelte gestionali che, secondo le lettere arrivate in Regione, hanno portato l’Ats ad avere ruoli chiave scoperti nel corso dell’emergenza e a incarichi di dubbia opportunità, il direttore generale dice: “Per tutti gli incarichi da me conferiti, da quando ricopro questa carica, sono state seguite le procedure di legge all’uopo previste”.

@gigi_gno

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