La “conoscenza personale” di Domenico Arcuri ha fruttato alle società di Mario Benotti, ex consulente alla Presidenza del Consiglio ai tempi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, una provvigione da 12 milioni di euro su una maxi partita di mascherine acquistate dalla Cina, affare dal valore totale di 1,2 miliardi. Una retribuzione avvenuta “in modo occulto e non giustificato da esercizio di attività di mediazione professionale-istituzionale”. Ne sono convinti i magistrati della Procura di Roma, che questa mattina hanno inviato i militari del Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza a effettuare una perquisizione presso la sede nazionale della Protezione civile. Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e i sostituti Gennaro Varone e Fabrizio Tucci hanno iscritto nel registro degli indagati quattro persone per i reati, a vario titolo, di traffico di influenze e ricettazione.

Oltre all’ex dipendente di Palazzo Chigi fra il 2014 e il 2018 – ai tempi capo segreteria dell’ex sottosegretario agli Affari esteri, Sandro Gozi – fra gli indagati ci sono anche Andrea Vincenzo Tommasi, titolare della Sunsky srl di Milano che ha effettuato materialmente la fornitura e due collaboratrici dello stesso Benotti: Antonella Appulo, ex membro dello staff di Graziano Delrio quando era ministro delle Infrastrutture, e Francesca Immacolata Chaouqui – nota alle cronache per il suo coinvolgimento nello scandalo Vatileaks – che gestisce l’immagine e la comunicazione di Benotti. Arcuri e la Protezione civile, invece, non sono indagati.

Gli accertamenti prendono le mosse da una sos (segnalazione di operazione sospetta) emessa dalla Banca d’Italia, su segnalazione proprio di Tommasi, che ha depositato uno schema delle rimesse di denaro attese dalle società cinesi Whenzou e Luokai, a titolo di provvigione, su sui ordini commessi dal Governo italiano, rappresentato da Arcuri. Di questi soldi, circa 60 milioni di euro sono finite nel conto della società Sunksy di Tommasi, altri 12 milioni sono invece finiti alla Microproducts It, società amministrata da Benotti e per l’80% riferibile a un’ulteriore azienda, la Partecipazioni Spa, di cui sono soci, Benotti, sua moglie Daniela Guarnieri e per il 3,3% Guido Pugliesi (ex ad di Enav). “Ma le partecipazioni dei primi due sono gestite attraverso mandato fiduciario conferito alla Cordusio Spa – scrivono gli inquirenti – Mario Benotti è aduso schermare i suoi rapporti bancari attraverso l’utilizzo di società fiduciarie”.

Benotti, scrivono i magistrati è “persona politicamente esposta per essere stato già consulente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con notevoli entrature nel mondo della politica e dell’alta dirigenza bancaria. Il giornalista Rai “intrattiene uno stretto rapporto con Antonella Appullo”. Qui entra in gioco Tommasi che “su disposizione del Benotti, versa dal conto corrente Sunsky srl alla Appullo 53mila euro, giustificando il movimento finanziario mediante false fatturazioni, simulando attività di consulenza ricevuta dalla predetta”. E c’è dell’altro. La Banca d’Italia ha segnalato anche la Guernica srl, amministrata da una “testa di legno”, tale Cedeno Dayanna Andreina Solis, che ha beneficiato di un accredito di 3,8 milioni di euro dalla Wenzhou Light. Ma la Guernica, come la Microproduct, non compaiono in alcuna lettera di commissione.

In questa vicenda entra anche Francesca Chaouqui, esperta di marketing e comunicazione. Secondo gli investigatori la titolare della società View Point Strategy srl avrebbe ottenuto “parte del provento del traffico illecito di influenze”, ovvero due fatture da 110mila e 121mila euro che il legale di Chaouqui, Giuseppe Staiano, definisce “totalmente regolari”. La comunicatrice, sostiene in una nota, “segue i social del professor Benotti, tra cui un canale Youtube chiamato Un democristiano in borghese, attraverso il quale Benotti porta avanti la sua attività giornalistica”. E ancora: “A Mario Benotti e alle società a lui riconducibili la mia agenzia fornisce vari servizi tra cui attività di ufficio stampa, pubbliche relazioni e comunicazione”. Per poi concludere: “Con la fornitura delle mascherine alla Protezione civile non c’entro nulla, come sostengono gli stessi inquirenti. Mi viene infatti contestato il reato di ricettazione che, tra le altre cose, in nessun modo posso aver commesso”.

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