La Corte costituzionale ha annullato la legge della Regione Veneto sul “controllo di vicinato” perché viola la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza ed è pertanto incostituzionale. La decisione è stata presa dalla Consulta (redattore Francesco Viganò) in merito alla legge regionale n. 34 del 2019 che aveva l’obiettivo di promuovere e regolare il cosiddetto “controllo di vicinato”, sostenendone in vario modo le attività e istituendo una banca dati per il monitoraggio dei suoi risultati.

I giudici romani hanno ribadito un orientamento ormai noto, secondo cui spetta soltanto allo Stato legiferare in materia di “sicurezza primaria”, ossia nell’attività di prevenzione e repressione dei reati, che è primariamente affidata alle forze di polizia. Le Regioni hanno invece competenza sulla cosiddetta “sicurezza secondaria”, in particolare mediante azioni volte a rafforzare nel contesto sociale una cultura della legalità, nonché a rimuovere le condizioni nelle quali possono svilupparsi fenomeni di criminalità. Secondo la Consulta, la previsione di intese tra gli uffici territoriali di Governo e gli enti locali, in materia di tutela dell’ordine e sicurezza pubblica, implica una “conseguente, ed esplicitamente rivendicata, interferenza del legislatore regionale in una materia in cui l’intervento regionale è in radice precluso, al di fuori delle ipotesi disciplinate espressamente dal legislatore statale”.

La differenza sta in questi due piani, perché la legge regionale disciplinava forme di controllo del territorio da parte dei cittadini in chiave di aiuto (anche con gruppi di cittadini organizzati) alle forze di polizia rispetto ai loro compiti di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Quindi incideva inevitabilmente sulla “sicurezza primaria”, riservata dalla Costituzione alla competenza legislativa dello Stato.

La Corte ha poi precisato che nulla impedisce alla legge statale di disciplinare direttamente il “controllo di vicinato”, di cui si occupano numerosi protocolli di intesa tra prefetture e comuni, in varie di parti d’Italia, nella chiave della cosiddetta “sussidiarietà orizzontale”, ovvero la “partecipazione attiva e la responsabilizzazione dei cittadini rispetto all’obiettivo di una più efficace prevenzione dei reati, attuata attraverso l’organizzazione di attività di supporto alle attività istituzionali delle forze di polizia”.

Immediata la reazione della maggioranza leghista a Venezia: “Questa è una sentenza che suscita non solo forti perplessità, ma anche autentica preoccupazione”, ha commentato Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale del Veneto e primo firmatario della proposta che il 31 luglio 2019 era stata approvata all’unanimità.

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