La seconda ondata di coronavirus è destinata ad affossare l’economia italiana ancor più di quanto previsto dal governo nello scenario favorevole che era ancora considerato il più probabile a fine settembre. A confermarlo, stimando il possibile impatto sul pil di un aggravamento dei contagi, è la stessa Nota di aggiornamento al Def approvata il 5 ottobre. Il documento del Tesoro dedica un capitolo (riportato testualmente nel Dpb inviato lunedì a Bruxelles) allo Scenario avverso di recrudescenza dell’epidemia con “un sensibile aumento dei ricoveri ospedalieri”. Cioè quello che si sta verificano in queste ore. Se in caso di trasmissione virale sotto controllo la scommessa di via XX Settembre era di chiudere l’anno con il prodotto in calo del 9%, lo scenario avverso porta invece con sé un crollo del 10,5% e ha forti ripercussioni anche sulla ripresa nel 2021.

Dopo il forte rimbalzo registrato nel terzo trimestre (+13,6% secondo il governo, in attesa del dato Istat), il pil 2020 è ovviamente appeso all’andamento degli ultimi mesi dell’anno. Lo scenario di ripresa dei contagi ha un duplice impatto: da un lato, spiegava la Nadef, “indurrebbe il Governo a reintrodurre misure precauzionali, peraltro meno drastiche che nella scorsa primavera”, con il risultato che “il pil subirebbe una nuova caduta nel quarto trimestre”. Dall’altro, il riacutizzarsi della crisi da Covid-19 “sarebbe accompagnato da analoghi se non peggiori sviluppi in altri Paesi. L’economia italiana sarebbe pertanto impattata anche attraverso minori esportazioni di beni e servizi“, oltre che dal calo dei consumi autunnali e natalizi. La spesa di dicembre secondo Confcommercio vale circa 110 miliardi di euro (stima 2019) su un totale annuo di 900 miliardi.

Ipotizzando la continuazione di alcune misure restrittive anche nei primi mesi del prossimo anno, “il pil continuerebbe a scendere, sia pure in misura nettamente inferiore a quella della prima metà del 2020”. L’andamento dell’epidemia “migliorerebbe nei mesi primaverili, ma la distribuzione di massa dei vaccini avverrebbe più tardi di quanto ipotizzato nello scenario tendenziale” in base al la distribuzione dovrebbe iniziare entro il primo trimestre del 2021. L’attività economica “riprenderebbe già nel secondo trimestre. Ciononostante, il riavvicinamento alla situazione pre-crisi sarebbe più lento che nello scenario tendenziale e nell’ultimo trimestre del 2021 il PIL reale sarebbe inferiore di oltre un punto percentuale a quello tendenziale”.

L’impatto complessivo dei fattori domestici e internazionali comporterebbe appunto una caduta del pil del 10,5%. E la crescita nel 2021 si fermerebbe all’1,8%, contro il 5,1 tendenziale. Viceversa, il pil crescerebbe poi del 6,5 per cento nel 2022 (contro il 3 per cento del tendenziale) e del 2,3 per cento nel 2023 (che si confronta con l’1,8 per cento dello scenario tendenziale).

Dal punto di vista della finanza pubblica, il punto d’arrivo sarebbe un rapporto tra deficit e pil più alto di circa mezzo punto percentuale nel 2023. Queste valutazioni peraltro non includono il possibile impatto sul saldo di bilancio e sul debito di eventuali interventi aggiuntivi che si rendessero necessari nello scenario di forte
recrudescenza dell’epidemia.

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