La scuola è ripartita e fra gli allievi anche una folta pattuglia di Msna, Minori Stranieri Non Accompagnati. Si tratta di ragazzi, minorenni o appena maggiorenni, che sono arrivati in Italia da soli. Alcuni li abbiamo visti in tivù scendere dai barconi ancora sorridenti per lo scampato pericolo e per aver completato la tappa più difficile di un viaggio della speranza che ha spesso indebitato per anni le loro famiglie. I più non li abbiamo visti proprio perché sono arrivati con percorsi meno traumatici, ma altrettanto drammatici. Alcuni sono rifugiati politici, come i ragazzi curdi che fuggono dal servizio militare per non sparare ai loro connazionali, altri profughi “economici” di ogni parte del mondo.

A differenza dei maggiorenni non possono essere respinti o espulsi. Le strutture del nostro paese si occupano di loro fino al conseguimento della maggior età, fornendo alloggio, assistenza sanitaria e istruzione. Per loro sono previste le stesse forme di sostegno che valgono per i minori italiani in difficoltà o privi di sostegno famigliare. Semestralmente il Ministero del Lavoro e della Politiche Sociali redige un quadro della situazione, l’ultimo risale al 30 giugno e fotografa una situazione ben diversa da quello raccontato da gran parte dei mass media e della brutta politica di contorno.

Oggi – ci racconta il report ministeriale – i Msna in Italia sono 5.016 di cui 4.778 maschi e 238 femmine. Il 64% di loro ha 17 anni, il 24% ha 16 anni, il 12% 15 anni o meno. Erano 13.151 due anni fa e 7.272 nel 2019, dunque in soli due anni il numero si è ridotto di quasi i due terzi. Questo perché ne arrivano di meno e i 16-17enni degli anni passati sono ormai diventati maggiorenni.

Per quanto riguarda la provenienza, ogni 100 minori non accompagnati 32 arrivano dall’Albania/Kosovo (due anni fa erano 11), 21 dal Bangladesh/Pakistan/Afghanistan (percentuale triplicata), 19 dall’Africa mediterranea, 17 dall’Africa subsahariana (36 due anni fa). Dunque sembrerebbe aumentare l’emigrazione di minori da paesi vicini, probabilmente con famigliari già in Italia da tempo, a scapito dei “viaggi della disperazione”. Nelle statistiche i profughi “politici” compaiono sotto la voce “altri”; numericamente poco rilevanti, ma umanamente e politicamente rilevantissimi i Curdi, gli Eritrei, i Somali.

Arrivati e censiti, i minori vengono destinati alle Regioni per l’accoglienza e l’inserimento. Sempre su 100 minori oggi 18 sono in Sicilia (erano 44 nel 2018), 13 in Lombardia (8 nel 2018), 10 in Emilia Romagna e in Friuli Venezia Giulia (erano rispettivamente 7 e 5), 7 in Lazio, 5 in Puglia, Piemonte e Veneto, meno ancora nelle altre regioni. Attualmente sono ospitati per il 94% in strutture di prima e seconda accoglienza (comunità) e per il 6% presso privati, normalmente parenti che hanno dato la disponibilità.

Al loro arrivo, dopo la registrazione e l’espletamento delle formalità di legge, entrano in una struttura di prima accoglienza. Intanto il Tribunale dei Minori della regione, seguendo il percorso disegnato dalle leggi nazionali, nomina un tutore, pescando dall’elenco di coloro che si sono dichiarati disponibili, hanno partecipato a un corso di formazione e hanno superato test e controlli di affidabilità.

Tra le altre incombenze i tutori volontari si occupano di iscrivere e seguire i minori nel loro inserimento scolastico: devono raggiungere rapidamente la certificazione del livello di competenza linguistica necessario a richiedere il permesso di soggiorno (il caso Suarez non deve ingannare, studiano duro!), costruire un percorso di formazione professionale o di studi superiori. Proprio come un giovane italiano. Quindi, per cominciare, iscrizione al Cpia, scuole medie per gli adulti. Lì incontrano coetanei delle più svariate provenienze e anche qualche italiano indietro con gli studi; assistiti quasi sempre da docenti motivati. Così, spesso con piani di studio personalizzati, arrivano alla certificazione linguistica e alla licenza media in poco tempo.

Nel mentre si valutano percorsi formativi brevi per ottenere un tirocinio o un contratto di apprendistato che, una volta maggiorenni, permetterà loro di ottenere il permesso di soggiorno. Se qualcuno manifesterà una maggiore attitudine, la scuola insieme al tutore si occuperà di costruire un progetto specifico di sostegno agli studi che si svilupperà anche oltre la fine della minore età, dando corpo all’idea per cui gli interventi non sono assistenza ai Msna, ma investimento per i futuri cittadini.

Così si affrontano nella maggior parte dei casi i problemi connessi con l’accoglienza e l’inserimento dei Msna. Le percentuali di successo sono superiori all’80%. I mezzi sono esigui, i compiti del tutore volontario meriterebbero precisazioni e approfondimenti, così da aiutarli a diventare progettisti di percorsi di vita e coltivatori di giovane umanità, una risorsa sempre più scarsa nella vecchia Italia. Parola di tutore.

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