È già partito per Santo Domingo, ha già abbandonato la Zarzuela e la Spagna. Il re emerito Juan Carlos I, dopo avere comunicato con una lettera al figlio le sue ragioni, ha deciso di lasciare il suo Paese viste le inchieste per evasione fiscale – anche se lui al momento non è indagato – che lo vedono protagonista sia in Spagna che in Svizzera. E la sua fuga, comunicata con una lettera al figlio e attuale regnante Felipe VI in cui ha ribadito la sua lealtà al Paese e alla monarchia, ha monopolizzato il dibattito dell’opinione pubblica.

Sulle prime pagine dei giornali spagnoli il caso ha scalzato le aperture che da settimane sono occupate dalla pandemia, visto il picco dei contagi raggiunto in particolare da Catalogna e Aragona. La Vanguardia dà conto della fuga: dopo aver trascorso la notte a Sanxenxo, in Galizia, località che ha frequentato negli ultimi anni in nome dell’amicizia che lega l’ex sovrano a Pedro Campos e dove ha praticato la vela, ieri mattina il re emerito si è diretto in auto a Oporto, da dove è partito per la Repubblica Dominicana. Per alcune settimane, continua il giornale spagnolo, resterà a Casa de Campo a La Romana, ospite dei Fanjul, nota famiglia del posto che ha fatto fortuna grazie alle piantagioni di canna da zucchero.

Per quanto sui giornali si continui a parlare di “corona”, il focus adesso si è spostato sui cento milioni di euro che Juan Carlos avrebbe ricevuto nel 2011 per far sì che l’appalto da 6,7 miliardi di euro per la costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità fra la Mecca e Medina venisse affidato a ditte spagnole.

Il volto di Juan Carlos campeggia su tutte le prime pagine dei quotidiani e tra i primi dieci trending topic spagnoli su Twitter ieri, solo due non erano collegati alla sua decisione, dibattuta da politici e sudditi. Il gesto del re emerito ha infatti scosso anche le fila dell’attuale governo di coalizione: mentre dalla Moncloa arriva un comunicato in cui si esprime il rispetto del governo nei confronti della decisione del re emerito, sottolineando la propria riconoscenza per la “trasparenza e l’esemplarità che hanno sempre guidato il re Felipe VI”, su Twitter il leader di Unidas Podemos, Pablo Iglesias, scrive che “la fuga all’estero di Juan Carlos è un gesto indegno da parte di un capo di Stato”, aggiungendo che il re emerito “dovrebbe rispondere dei suoi comportamenti in Spagna davanti al suo popolo”.


Così, mentre Psoe, Pp e Ciudadanos si schierano a favore della scelta di abbandonare il Paese per evitare che le ombre degli scandali che vedono protagonista il padre ricadano sul figlio, il portavoce di Unidas Podemos al Congresso, Pablo Echenique, ha suggerito di evitare che il re emerito abbandoni il Paese fino a quando non si concludano le indagini a suo carico. Ma ormai è troppo tardi.
In tarda serata il gruppo parlamentare di Unidas Podemos ha pubblicato un comunicato in cui, oltre a specificare che non vede il motivo per cui si debba continuare a mantenere “una monarchia senza i minimi valori etici”, dichiara che “non si può continuare a impedire il dibattito pubblico sulla forma di governo della Spagna” e che “si fa largo l’idea di una repubblica solidale e plurinazionale”.

Del resto quello che la maggior parte dei sudditi spagnoli ha espresso ieri sui social non è certo sostegno alla corona, tra hashtag ironici (come “Grazie Maestà”) e altri inneggianti alla Repubblica (“#RepublicaYa”). Lo scorso anno però un’indagine realizzata da Imop Insights per Vanitatis in occasione del quinto anniversario del regno di Felipe VI e Letizia, ha evidenziato come un 50,8% degli spagnoli si professi monarchico, con solo un 3,1% di indecisi e un netto 46,1% di repubblicani. E tra i maggiori sostenitori della repubblica troviamo principalmente coloro che fanno del nazionalismo la loro bandiera, come catalani o baschi.

L’associazione catalana Òmnium Cultural, a tal proposito, un mese fa ha presentato alla Corte Suprema una denuncia penale contro il re emerito e ha lanciato la campagna #CoronaCiao. Sul sito sta raccogliendo firme (al momento 4420) per denunciare la corruzione della monarchia spagnola all’Unione Europea e ha anche pubblicato una canzone realizzata da alcuni musicisti catalani sulle note di “Bella Ciao”. Ieri, alla luce di quanto accaduto, l’associazione ha dichiarato di esigere misure cautelari nei confronti del re emerito e il Presidente dell’associazione, Jordi Cuixart, uno dei dodici leader catalani condannati dalla Corte Suprema (che ha scontato già due anni di carcere) ha dichiarato in un tweet: “Un capo di Stato che applaude la fuga di un corrotto; hanno fatto dell’impunità una lettera di presentazione al mondo. Per la giustizia, la memoria e la dignità, conquistiamo un futuro senza sudditi né Borboni”.

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