Il giorno dopo il via libera al processo per Matteo Salvini, la Lega attacca il governo sulla secretazione degli atti del Comitato tecnico scientifico in base ai quali sono stati adottati i Dpcm per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Il gruppo del Carroccio al Senato ha scritto alla presidente Elisabetta Casellati perché metta in campo “tutte le iniziative istituzionali necessarie per permettere ai parlamentari di accedere agli atti, ai pareri e a ogni documento del comitato scientifico della Protezione Civile e utilizzati dal presidente Giuseppe Conte per emanare i dpcm”. Ma il governo è contrario alla desecretazione: nei giorni scorsi, tramite l’Avvocatura dello Stato, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar del Lazio che aveva accolto l’istanza della Fondazione Einaudi per ottenere l’accesso a quegli atti. E i giudici amministrativi, con decreto cautelare monocratico depositato venerdì, hanno sospeso l’effetto della sentenza del Tar fissando la camera di consiglio per il prossimo 10 settembre.

La Fondazione Einaudi aveva fatto ricorso dopo che, a maggio, Chigi ha detto a no alla richiesta di accesso civico ai verbali del Cts del 18 febbraio, 1 marzo, 7 marzo, 30 marzo e 9 aprile. Il 23 luglio il Tar Lazio si è espresso a favore della pubblicazione di quei documenti entro il 21 agosto. L’avvocatura, nel ricorso contro la sentenza, parla di “danno concreto all’ordine pubblico e la sicurezza che la conoscenza dei verbali del Cts, nella presente fase dell’emergenza, comporterebbe sia in relazione alle valutazioni tecniche che agli indirizzi generali dell’organo tecnico”. Nella memoria difensiva si richiama poi, a titolo esemplificativo, “quanto avvenuto nel recente passato nel corso dell’emergenza epidemiologica in atto, in riferimento all’allarme sociale ingenerato dall’allora paventata chiusura delle scuole e previsione di limiti ai trasferimenti nel territorio nazionale ed alle problematiche, in alcuni casi anche di ordine pubblico, verificatesi nell’imminenza della decisione di creare una “zona rossa” in alcune regioni del nord Italia, a seguito della diffusione di notizie in ordine alle valutazioni effettuate dal Comitato Tecnico Scientifico”. Per questo secondo il governo “appare evidente che anche sotto il profilo dell’opportunità (…) sia legittimo confermare quanto meno il differimento dell’ostensione dei verbali in parola, al termine dell’emergenza in atto, vale a dire ad un momento nel quale possibili implicazioni derivanti dai medesimi verbali in parola, consentano una lettura più oggettiva rispetto all’attuale fase storica di emergenza e di allarme”. L’esecutivo quindi chiede di attendere almeno il 15 ottobre, quando scadrà la proroga dello stato di emergenza.

L’avvocatura inoltre ricorda che i Dpcm “sono atti amministrativi generali, frutto di attività ampiamente discrezionale ed espressione di scelte politiche da parte del governo che trovano la propria fonte giuridica nella delega espressamente conferita dal Legislatore all’esecutivo in un atto avente forza di legge, ovvero, in particolare dapprima nell’art. 3 del D.L. n. 6/2020, convertito con L. n. 13/2020 e, poi, nell’art. 2 del D. L. n. 19/2020, convertito con L. n. 35/2020, e rinvengono la propria ragione nell’esigenza temporanea ed urgente di contenere e superare l’emergenza epidemiologica causata dal Covid-19″. Per questo l’amministrazione ha ritenuto “che gli atti istruttori prodromici alla loro emanazione fossero sottratti ex lege all’accesso generalizzato”. Secondo gli avvocati Rocco Todero, Vincenzo Palumbo e Adrea Pruiti Ciarello, che hanno fatto ricorso al Tar per la Fondazione, l’appello contro la decisione del Tar dimostra la volontà di “non fare sapere agli italiani quali sono le reali ragioni alla base degli innumerevoli decreti del Presidente del Consiglio”.

Il Consiglio di Stato ha sospeso l’effetto della sentenza del Tar Lazio per non pregiudicare definitivamente l’interesse dell’amministrazione contraria alla pubblicazione degli atti in attesa della decisione del collegio (che sarebbe inutile ad ostensione degli atti avvenuta), vista la materia “meritevole di approfondimento” giuridico. Non si tratta dunque di un no alla desecretazione ma solo di una sospensiva per non vanificare la decisione del collegio, che è sempre necessaria.

Il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo, annunciando la lettera alla Casellati, ha detto che “il Parlamento e i cittadini hanno diritto di sapere” per cui “ci auguriamo che la nostra iniziativa trovi il più ampio sostegno possibile, anche da parte di quelle forze di maggioranza che hanno fatto dell’onestà e della trasparenza le loro bandiere politiche e ideologiche”.

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