Alla fine ha preferito patteggiare. Si è chiusa così, con una pena concordata di un anno e due mesi, oltre alla sospensione della patente per due anni, ma con la condizionale, la vicenda dell’incidente stradale avvenuto a Padova il 13 settembre 2016 che vide protagonista un autista della Regione Veneto, Giorgio Faccini. La sua auto, a bordo della quale c’era il direttore generale della sanità del Veneto, Domenico Mantoan, colpì Cesare Tiveron di 72 anni, ciclomotorista che venne sbalzato in aria e che poi morì. Ma secondo una prima perizia eseguita da Massimo Montisci, direttore dell’Istituto di anatomia patologica, l’immobiliarista di 72 anni era deceduto per infarto e non per le lesioni causate dall’impatto. Proprio per quelle conclusioni Montisci è sotto inchiesta e pochi giorni fa il la Procura di Padova ne ha chiesto il rinvio a giudizio.
L’udienza di patteggiamento si è svolta davanti al giudice per le indagini preliminari Elena Lazzarin. L’incidente era avvenuto all’uscita dallo Iov, l’Istituto oncologico veneto, a Padova. La famiglia della vittima non si era arresa di fronte alle provvisorie conclusioni dell’inchiesta, sospettando un trattamento di favore nei confronti dell’autista dell'”auto blu”. Così si era affidata ad alcuni medici non veneti per eseguire una consulenza legale che aveva ribaltato la perizia di Montisci. Tiveron è morto per “uno shock emorragico da lesione traumatica acuta dell’aorta, indotta dal violento urto della parte destra del torace con le rigide strutture del veicolo”. La famiglia ha così ottenuto un risarcimento di un milione di euro dalla compagnia assicuratrice dell’auto della Regione Veneto.
Montisci, un anatomopatologo di fama, si è di recente autosospeso dagli incarichi, dopo la richiesta di rinvio a giudizio per i reati di favoreggiamento, falso ideologico e truffa aggravata. Dopo la sentenza, i familiari di Tiveron hanno affidato il loro commento a un comunicato: “Siamo molto soddisfatti dell’attività giudiziaria svolta dalla magistratura, dai nostri legali e dai medici consulenti. Circa il quadro più generale, siamo profondamente offesi da quanto accaduto: far emergere la verità è stato un percorso lungo e complesso, che ha richiesto un’enorme determinazione ed importanti risorse. Così non fosse stato, il risultato della prima perizia sarebbe stato dato per buono ed il caso sarebbe stato archiviato. Ora osserveremo da vicino come l’Ordine dei Medici e l’Università decideranno di comportarsi”. Il riferimento è, ovviamente, alla posizione del dottor Montisci.
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