Si aspettava una folla oceanica per la ripresa dei suoi comizi a Tulsa, in Oklahoma. E invece Donald Trump non è neanche riuscito a riempire l’arena indoor da 19mila posti: la parte superiore delle tribune era vuota, come non era mai successo prima. Un deserto che l’ha costretto anche ad annullare il suo discorso su un maxi palco allestito all’esterno, predisposto per un raduno di almeno 40mila persone. Ha elogiato i suoi (pochi) fan, rigorosamente senza mascherina, definendoli “guerrieri” per aver sfidato tutti questi pericoli nel mezzo di una pandemia nel Paese col primato mondiale di morti (120 mila) e di casi (oltre due milioni).

E pensare che lui stesso aveva sbandierato le richieste di partecipazione di un milione di persone mentre – più realisticamente – la sua campagna prevedeva ne sarebbero arrivate 100mila. Previsione sbagliata. Una serata ampiamente al di sotto delle aspettative, che si è conclusa con momenti di tensione e la polizia costretta a disperdere con gas irritante i pacifici dimostranti anti Trump e il gruppo di fan armati del tycoon che li avevano seguiti attaccandoli con spray al peperoncino e dove l’unico terremoto è stato quello di magnitudo 4.2, avvertito anche a Tulsa e con epicentro a 80 chilometri dalla città del comizio flop. Lo staff del presidente ha scaricato la colpa sui media, rei di aver spaventato i suoi supporter con i rischi di contagio (che erano reali), e sui dimostranti, accusati (infondatamente) di aver impedito l’accesso ai fan.

I bersagli del presidente – Sono stati tre: i media, l’avversario dem Joe Biden e la pandemia di coronavirus, che si vanta di avere affrontato con successo. Ma i numeri raccontano un’altra verità. Ha liquidato l’ipotesi che diffusa su giornali e tv che potrebbe essere malato come “fake news”, spiegando che la sua discesa incerta per le scale dell’Accademia di West Point era da attribuire alle “scarpe con la suola di cuoio”. “Se avessi un problema di salute, ve lo direi”, ha assicurato. Poi si è vantato di avere “salvato centinaia di vite umane” dal coronavirus, usando una nuova definizione razzista, ‘Kung Flu‘, dopo averlo già chiamato il ‘virus cinese’. E mentre la pandemia negli Usa continua ad avanzare ha detto: “Ora ho ordinato di rallentare i test perché un loro aumento comporta un incremento dei casi“.

Ma il cuore politico del discorso è stato l’attacco frontale a Joe Biden, il rivale in fuga nei sondaggi per la Casa Bianca e che a maggio lo ha superato per la prima volta anche nella raccolta fondi (80 mln). “Il nostro Paese sarà distrutto se verrà eletto. È un burattino in mano alla sinistra radicale”, quella che “assedia la nazione” con le sue proteste, i suoi saccheggi, le sue violenze, l’abbattimento delle statue confederate o di Cristoforo Colombo (“Io, invece, vi dico che amo l’Italia e dico grazie al popolo italiano”), ha accusato, prendendo di mira anche le deputate progressiste Alexandria Ocasio-Cortez e Ilham Omar, evocata insieme al “suo Paese” di origine (la Somalia) anche se è americana. E come ha già fatto nelle scorse settimane allo scoppio delle proteste dopo la morte di George Floyd ha ribadito: “Ho fatto più io in quattro anni che Biden in 47 per la comunità afroamericana, la giustizia razziale comincerà con il suo pensionamento”, ha rincarato ricordando anche le gaffe dello sfidante. Ma non una parola su George Floyd. In compenso ha promesso che, se sarà eletto, il prossimo sarà l’anno economico più forte di sempre.

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