“Non voglio fare alcuna polemica, tuttavia quel progetto di riconversione dell’Ospedale in Fiera è mio e vorrei che fosse preso in considerazione, perché potrebbe aiutare veramente. L’ho presentato il 6 maggio scorso ai vertici del Policlinico e quindi all’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, e da allora sto aspettando una risposta”. A parlare a ilfattoquotidiano.it, con più amarezza che rabbia, è il dottor Giuseppe Torgano, responsabile dell’Unità operativa semplice, area critica e Obu, del pronto soccorso del Policlinico di Milano.

Un’amarezza dettata dalla frustrazione umana e professionale di chi ha affrontato in trincea lo tsunami del Covid-19 e si è trovato a dover “scegliere chi far vivere e chi morire. Quando ho saputo della struttura in Fiera, ho tirato un sospiro di sollievo”, continua, “perché non avrei più dovuto scegliere tra intubare un 50enne o un 60enne”. Ed è stato proprio il dramma di chi ha assistito “a tutta quella valanga di morti, che mi faceva tornare a casa in lacrime la notte”, ad aver spinto l’esperto di medicina d’urgenza a prendere carta e penna e a buttare giù un progetto in grado di trasformare il progetto di Bertolaso – quello costato oltre 21 milioni di euro (ma il conto potrebbe essere ben più salato) e che ha curato una manciata di pazienti, oggi in disuso – in una possibile risorsa.

La ratio del piano è che la struttura del Portello potrebbe diventare il fulcro delle cure per tutti i pazienti Covid, indipendentemente dal loro livello di gravità. Dovrebbe così accogliere non solo quanti necessitano di terapie intensive e sub intensive – com’era nei piani originari di Bertolaso –, ma essere l’hub dove concentrare anche quanti stanno uscendo dal percorso di cura e che ancora oggi intasano gli ospedali. Senza parlare poi di quanti arrivano nei vari pronto soccorso e devono attendere i tamponi gomito a gomito con gli altri pazienti, sulle barelle nelle astanterie o nei corridoi. Anche per 36 ore.

“L’unica cosa chiara che abbiamo imparato su questa epidemia è che ci deve essere una netta separazione negli ospedali tra i pazienti ‘sporchi’, cioè i positivi, e gli altri. Solo così si può affrontare l’emergenza, senza trascurare l’ordinaria amministrazione di un ospedale. Che poi parliamo di pazienti oncologici, cronici, ecc…, cioè di tutte quelle persone che da febbraio non hanno potuto ricevere alcuna cura e che ora attendono il ritorno della ‘normalità’ nelle corsie”, spiega Torgano.

Così, oltre un mese fa, il medico si attiva: “Il 6 maggio mando una prima proposta alla Direzione strategica del Policlinico; poi, su loro consiglio, faccio un sopralluogo alla struttura in Fiera; quindi riscrivo il progetto e lo rimando alla Direzione strategica e poi il silenzio”.

Torgano proponeva inoltre di attivare un circolo virtuoso di assistenza che cooptasse anche i medici di medicina generale del territorio: “In questo modo potrebbero fare pratica e poi, una volta dimessi i pazienti, avrebbero l’esperienza e le competenze per poterli seguire a casa loro”.

Insomma, l’uovo di Colombo, in grado anche di togliere le castagne dal fuoco a Fontana. Peccato però che nessuno abbia mai degnato Tergano di una risposta. “L’assessore Gallera”, avvicinato grazie anche all’intervento del consigliere di opposizione di + Europa, Michele Usuelli, “si è prima detto interessato, ma poi è sparito. Non mi ha mai fatto sapere nulla, nemmeno un ‘non ci interessa grazie'”. Solo silenzio, fino a mercoledì 10 giugno, quando proprio Gallera, intervistato dal Tg3 regionale della Lombardia, annuncia fresco come una rosa che i suoi uffici hanno allo studio un piano per il “riutilizzo della Fiera”. Un annuncio molto vago e impreciso – come molti dell’assessore -, che però è sembrato un chiaro riferimento al piano di Torgano. Forse l’assessore ha letto la proposta e magari gli è piaciuta. Forse, perché al momento non si sa niente di più.

IL DISOBBEDIENTE

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