Anche l’Osservatore Romano scende in campo per denunciare con forza i “giudizi immondi” su Silvia Romano e una “lista di orrori” senza fine prodotta da un “tribunale di migliaia di giudici sui social” pronti a gettare odio sulla cooperante milanese liberata dopo 18 mesi di prigionia. Le minacce subite in tre giorni hanno già portato le autorità a ipotizzare la necessità di mettere la cooperante sotto scorta. Ma tutti questi “giudizi” che si sono accaniti contro lei, per l’Osservatore romano, “partono da un dato in comune, da un comune sguardo, disumano“.

Lo sguardo dell’uomo è disumano, ha scritto Daniele Mencarelli sul quotidiano della Città del Vaticano, perché l’uomo stesso lo è quando non vuole vedere. “Quando zittisce, sopprime la compassione che sempre dovrebbe abitare dentro i suoi occhi. La capacità di sentire sulla propria pelle il dolore degli altri. E questa storia è piena di dolore, basta saper guardare”, ha aggiunto Mencarelli.

L’Osservatore Romano mette in evidenza ciò che “sconvolge”. La liberazione di Silvia Romano, si legge sul quotidiano della Santa Sede, “avrebbe dovuto produrre gioia, null’altro, invece è incredibile la sequela di reazioni, giudizi immondi, che sono piovuti da ogni angolo del Paese, che hanno vivisezionato tutta la vicenda accaduta a questa ragazza, a partire dalla sua scelta iniziale. Un tribunale fatto di migliaia di giudici, quasi tutti operanti sui social network, ha iniziato a sentenziare. Ecco gli errori salienti che avrebbe commesso Silvia: perché mai una ragazza milanese dovrebbe andare in un altro continente per aiutare altri esseri umani? Se si vuole fare del bene basta il proprio quartiere; se si è convertita all’Islam poteva rimanere in Africa; perché il riscatto dobbiamo pagarlo noi? E chi ci dice che quel riscatto non finisca anche nelle tasche di Silvia? Magari in combutta con quelli che erano i suoi sequestratori”.

Insomma, una vera e propria “lista degli orrori”, denuncia il quotidiano che “potrebbe continuare all’infinito”. “Tutti questi giudizi – dice il quotidiano diretto da Andrea Monda – partono da un dato in comune, da un comune sguardo, disumano. Perché disumano è lo sguardo dell’uomo quando non vuole vedere. Quando zittisce, sopprime la compassione che sempre dovrebbe abitare dentro i suoi occhi. La compassione. La capacità di sentire sulla propria pelle il dolore degli altri. E questa storia è piena di dolore, basta saper guardare. Basterebbe questo per zittire i giudici. E di giudizi la nostra epoca è bulimica, sappiamo con perfezione ciò che non va negli altri e siamo pronti a scagliarci senza pietà. Ma, per fortuna, resiste ancora un’umanità che ama e si offre agli altri. Bentornata Silvia, prenditi tutto il tempo che ti serve”.

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