“Ci hanno portato qui con la forza. Non ci dicono nulla. Non ci fanno i test. Vediamo solo un via vai di ambulanze. Non sappiamo quando potremo tornare a casa. Abbiamo paura”. Dimitri – nome di fantasia – è uno dei 229 crocieristi della Costa Luminosa sbarcati il 25 marzo nel porto di Savona e assegnati alla quarantena in strutture alberghiere della Capitale. Era partito dalla Russia per una crociera nel Mediterraneo insieme a sua moglie.

Un viaggio che si è trasformato in un incubo quando, a un certo punto, la sanità marittima ha rilevato una quarantina di casi di Coronavirus a bordo, fra passeggeri ed equipaggio. Un film già visto nelle settimane scorse. L’uomo, sui 35 anni, adesso si trova insieme a gran parte dei suoi compagni di viaggio a Roma, all’interno dell’iH Hotels Roma Z3, struttura alberghiera nel quartiere Collatino – periferia est della Capitale – in isolamento. In precedenza, a loro era stato assegnato l’Hotel Cicerone, nel quartiere Prati, sgomberato dopo nemmeno 48 ore dopo le proteste dei residenti. L’albergo è presidiato dai carabinieri e dagli uomini della Protezione civile. Ma Dimitri è determinato e riesce a lanciarci un pezzo di carta dalla finestra della sua stanza, con su scritto il suo numero di telefono. “Write me on whatsapp, please”, l’appello.

“Non ci dicono nulla di quando potremo tornare a casa – racconta l’uomo – Non abbiamo fatto alcun test, né sulla nave né all’arrivo in hotel. Non sappiamo se stiamo male. Ogni giorno, da quando siamo arrivati, 5-6 persone vengono portate in ospedale. Ho contato almeno 30 ambulanze con persone che si sono aggravate”. Un’assenza di comunicazione, secondo Dimitri, cominciata a bordo della nave: “Sappiamo che circa il 30-40% degli ospiti aveva sintomi, febbre e tosse, ma non hanno detto niente a nessuno fino a quando non ci hanno portato a Savona – scrive – Dopo speravamo che ci facessero il tampone, ma niente di tutto ciò è avvenuto”.

Arrivati in albergo, la situazione non sarebbe migliorata. Ai passeggeri è stato comunicato che sarebbe stata monitorata giornalmente la temperatura, ma la fattispecie non ha riscontro nelle dichiarazioni di Dimitri: “Ci hanno dato un termometro – dice – ma non ci hanno ancora mai chiesto la temperatura. Non gli interessa. I dottori non sono mai venuti: per le emergenze dobbiamo premere il tasto 9 del telefono”. La chiamata presuppone l’arrivo del personale presente nell’hotel e “se ci sono sintomi, ci verranno a prendere con le ambulanze”.

L’uomo è ovviamente spaventato, ha paura per sé e per la sua famiglia. Nella documentazione che gli ha fornito Costa e che ci ha spedito via chat, la conferma della quarantena imposta dalle autorità italiane all’interno della struttura. In uno di questi fogli si legge: “Sei costretto a stare nella tua stanza, dove non ti è permesso di fumare”. E ancora: “La sicurezza controllerà che tutti seguano queste regole”. In caso di “accertata violazione” sarà richiesto “l’intervento della polizia con il rischio di sanzioni previste dal codice penale italiano”. Quando è in funzione, il Roma Z3 è un hotel a 4 stelle.

Ovvio che per i crocieristi non si tratti esattamente di un soggiorno di piacere, nemmeno nei servizi: “Il cibo in pratica non è commestibile – si lamenta Dimitri – e viene lasciato in sacchetti di carta nel corridoio, sul pavimento, dove è sporco. Quando cambiano lenzuola e asciugamani, ogni tre giorni, mettono biancheria e cibo tutto insieme”. Intanto, le ambasciate sono in contatto con Costa Crociere per organizzare i voli di ritorno, una volta finita la quarantena. All’interno della struttura ci sono persone di nazionalità brasiliana, ucraina, israeliana, argentina e russa. Per ora, la compagnia ha messo a disposizione dei passeggeri un numero cui telefonare dove troveranno consulenza psicologica. Ma al momento a vincere è senz’altro la paura.

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